Ogni tanto i giorni si dileguano insensatamente attraverso gli spiazzi della quotidianità e in quei momenti ho l’impressione che il tempo scivoli dalle mie mani, ma la visione ipotetica del futuro non riesce ad alterare il controllo che esercito sulla mia vita e per questo motivo, nell’arco delle ventiquattr’ore giornaliere, non mi limito a respirare. Non voglio lezioni di storia da qualcuno che non sia in grado di scrivere la propria e mi basta una parola per riassumere quanto ho appreso finora: “Silenzio”. La mia età è friabile, ma io sono ancora intatto e durante la notte mi rinsaldo con la fiamma dell’elucubrazione. Non sono esente dai desideri complementari e rifiuto l’immunità emotiva perché non voglio disumanizzarmi, ma per questa presa di posizione ricevo innumerevoli sferzate dall’assenza passionale e ne mostro i segni senza imbarazzo perché ritengo che l’omertà interiore possa creare una connivenza pericolosa con la frustrazione. La mia serenità affonda le radici nella sua antitesi, ma non è inquinata dal malessere ed è attraversata da una linfa benevola grazie alla quale riesce a ramificarsi nella consapevolezza delle mie azioni. La giovinezza mi lancia regolarmente un ultimatum fasullo, ma il suo bluff non può convincermi e inoltre lo trovo ridicolo. Non relego i miei pensieri su me stesso e talvolta plano platonicamente sopra un continente indigente per rammentare alle mie idee che altrove il sole e l’acqua non sono semplicemente allegorici, ma i miei voli pindarici non avvengono sulle ali del pietismo e non rasento mai le utopie. Cerco stimoli edificanti dove non cresce nulla e brandisco la mia indole per difendermi dal surplus della pochezza.
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