Le prime ombre del mattino esordiscono insieme alla luce e influenzano molte cose con il loro potere cromatico. Le acque della laguna riflettono i voli radenti degli uccelli e si aprono lievemente quando la chiglia di una barca ne infrange la superficie. I felini inurbati vivono il randagismo con somma nobiltà e il loro sostentamento rientra tra le preoccupazioni principali di alcune donne vecchie e sole. Ogni tanto si odono le parole slave di una badante o quelle di un operaio dell’Est che solleva e abbassa i bancali del suo datore di lavoro. L’acerbità del melting pot evidenzia le asprezze dell’immigrazione e alimenta con opulenza l’ostinazione qualunquista del razzismo provinciale. La noncuranza di taluni consente ai rifiuti di divertirsi: una parte galleggia allegramente a cavallo dei marosi e un’altra si rilassa sotto il sole e sotto la sabbia. Gaia avrebbe un aspetto migliore se ogni bottiglia abbandonata a causa del menefreghismo ecologico si mettesse in marcia per conficcarsi nel culo del suo ultimo proprietario. La quiete di certi momenti riempie lo spazio in cui viene percepita e bandisce ogni tipo di frastuono dai suoi confini. Le critiche piovono ovunque e molti individui reclamano inutilmente l’esattezza inconfutabile delle loro ciarlerie. Ai credenti non bastano più le preghiere e per questo motivo i fedeli più facoltosi comprano le indulgenze con il denaro dei paradisi fiscali. Un gabbiano si stacca da terra mentre qualcuno riposa sei piedi sotto il suolo.
Ultimamente allungo il mio percorso podistico per godermi l’attraversamento di un tratto di spiaggia e di conseguenza concedo al sole possibilità di indorare le mie impronte sabbiose. Talvolta sulla strada del ritorno passo in mezzo a un breve nebbione e per qualche minuto mi sembra di trovarmi in un’atmosfera mistica nella quale vorrei perdermi per diverse ore. Mi piace correre e mi sento appagato quando mi lascio alle spalle un bel novero di chilometri. La fatica salutare concede al corpo l’occasione di giacere in un riposo paradisiaco e l’appagamento che ne segue è una ricompensa abbondante. La solitudine indossa un abito estatico quando mi accompagna nelle escursioni e in quei momenti non posso fare a meno di venerarla come una dea. Penso che ogni uomo ricopra un ruolo fondamentale per il proprio equilibrio e adoro ogni esistenza che presenti delle sfumature stoiche, ma le mie lodi maggiori sono sempre per la vita e per le ambivalenze apparenti che la compongono. Mi sento bene e il mio vigore è stabile. Spero di vivere a lungo, ma anche se dovessi defungere domani o se mi ammalassi gravemente non mi potrei lamentare della mia esistenza. Il passaggio del tempo porta via il mio presente, ma in compenso mi allenta i paraocchi e per questo motivo mi ritengo fortunato. Custodisco qualcosa che non può essermi tolto e che non ha alcuna somiglianza con le fedi flatulenti delle religioni.
Ieri mattina sono andato a correre lungo un percorso pianeggiante che fino a qualche mese fa affrontavo esclusivamente in bicicletta. Durante il mio tragitto ho compiuto una deviazione e ho raggiunto un tratto di spiaggia per contemplare la bellezza pluridecorata del mare invernale, ma sono rimasto soltanto qualche minuto di fronte a quella vastità liquida e prima di andarmene ho visto due persone: un uomo anziano che correva blandamente nei presi della battigia e un suo simile altrettanto senescente che camminava nella direzione opposta. Ho indugiato un po’ su una duna litoranea e ho assunto una posa napoleonica mentre il vento derideva la mia esaltazione ingiuistificata a forza di folate. Come sempre ho accompagnato la mia attività fisica con della musica adeguata: durante la corsa ho ascoltato un paio di album power metal e puntualmente ho approfittato dei loro impulsi sostenuti per attenuare la percezione della fatica. Tra una falcata e l’altra ho iniziato a pensare cose surreali che non sono riuscito a ricordare: probabilmente la doccia ha lavato anche la parte più recente della mia memoria.
Le elezioni si avvicinano in diverse zone del mondo, le stragi nelle università statunitensi si ripetono, le ingerenze clericali si insinuano nella vita laica e le morti bianche aumentano giorno dopo giorno. Le promesse si intrecciano ambiguamente con la realtà, le nascite seguono le morti e viceversa, le droghe scuotono i corpi degli schiavi indipendentemente dal loro reddito e recludono le menti in una spirale analgesica. Qualcuno consegue una laurea e qualcun altro finge di fare altrettanto per guadagnare un po’ di tempo da spendere nell’apatia della sua rovina. Il presente galoppa a un ritmo incommensurabile e chi lo cavalca ne conosce la leggerezza, ma credo che alcune persone preferiscano sprofondare con le zavorre del passato per imprecare contro qualcuno o qualcosa. Io continuo a percorrere un sentiero che non conduce né a un paradiso celeste né all’appagamento passeggero dei sensi. Gestisco la solitudine con maestria e ne apprezzo gli insegnamenti taciti. Non ignoro i miei simili come sostengono taluni e spesso ascolto le opinioni altrui, ma preferisco trascorrere il mio tempo da solo invece di spenderlo per ricavare un ruolo apparente nella società. Adoro la vita e stimo alcune menti. La mia esistenza è piacevole, ma capisco che possa suscitare qualche perplessità a chi la osserva da un’altra angolazione: non pretendo che tutti gli occhi vedano la stesse cose anche nel caso in cui siano puntati sullo stesso punto. L’alba risiede ad alcune ore di distanza dal momento in cui sto scrivendo e attendo di raggiungerla per correre al suo cospetto lungo le strade del mio comune.
Non ho mai sborsato una lira per il giorno di San Valentino. La mia verginità mi ha esentato da molte spese e devo ammettere ironicamente che è sempre stato un bel vantaggio sotto il profilo economico. Esattamente un anno fa mi trovavo per le strade di Tokyo e mi ricordo che andai ad Akihabara per regalare a me stesso una scatola di cioccolatini. Se nella mia vita avessi avuto una ragazza non avrei mai avuto il coraggio kitsch di regalarle dei fiori o dei dolciumi, ma le avrei donato qualcos’altro e probabilmente le avrei comprato anche un vibratore sul quale sarebbe apparso un biglietto: “Per quando la tua beltà rifulgerà così tanto da impedirmi finanche l’erezione e per quelle notti in cui la medesima resterà un utopia”. Mi piacciono le persone che si amano e, al di là dell’orientamento sessuale e di qualsiasi altra etichetta, auguro a ogni copia, a ogni triade consenziente e a ogni harem libero che i loro rapporti trabocchino di momenti estatici per molto tempo. Per quanto mi riguarda continuo a vivere serenamente tanto la mia verginità sessuale quanto quella emotiva, ma sarei un ipocrita se negassi la mia voglia d’amare e una menzogna di questo genere potrebbe servirmi solo per ottenere un tipo di protezione che non voglio. Sono ancora giovane, ma nel corso di questi anni ho imparato a trovare un mio equilibrio e non ho paura del passaggio del tempo. Il giorno di San Valentino è soltanto un evento consumistico, ma è anche un giorno come un altro e come i suoi simili può essere sfruttato per esternare i propri sentimenti senza banalità né forzature.
Mi sembra che la tepidezza di questa domenica sia l’acconto di una primavera prematura. La finestra della mia stanza è aperta e all’esterno vige un silenzio crepuscolare. Adoro la percezione del cambiamento stagionale che collega l’inverno alla primavera e vorrei che questo mutamento climatico durasse di più. Sono passati otto anni dall’inizio del secondo millennio e sono trascorse più di due decadi dal giorno del mio concepimento. La mia nascita mi appare remota, ma in realtà ho ancora molti anni da vivere a meno che la mia salute non venga minata improvvisamente da un male incurabile o da un incidente. Vivo un periodo aureo nel mio individualismo, ma allo stesso tempo non dimentico la mia incompletezza emotiva e non le nego la sua importanza fondamentale anche se il mio benessere attuale mi consentirebbe di farlo. Apprezzo e lodo lo splendore della mia esistenza, ma allo stesso tempo mi premuro di non dimenticare quanto si trova al di là dei suoi confini. Le coincidenze mi hanno messo alla prova più di una volta e ho risposto bene alle loro verifiche. Mi sono sottratto all’invito fallace di una relazione afrodisiaca e ho dimostrato a me stesso la saldezza delle mie necessità reali. Ho placato un impulso carnale che mi voleva costringere a scoccare il mio primo bacio e in questo modo ho celebrato la forza della mia volontà. Le mie volizioni non scaturiscono da una dottrina idolatrica, ma appartengono a una lettura della realtà che è scevra di qualsiasi credenza.
Esattamente un anno fa mi trovavo a Tokyo, ma in questo momento mi sembra che siano passati vent’anni dal mio soggiorno nipponico e sono contento che la mia percezione del tempo mi dia questa sensazione. La mia vita trascorre placidamente tra i confini del mio comune. Mi sento in forma e le mie giornate sono piacevoli. Ho accantonato la bicicletta e ho ripreso a correre per variare un po’ la mia attività aerobica, ma ho lasciato immutate le mie sessioni con il bilanciere. Non sono riuscito a bandire la lettura dalle mie giornate, ma ho messo da parte “I Fratelli Karamazov” e nonostante la mia inclinazione anticlericale ho quasi terminato di leggere “Le Confessioni” di sant’Agostino. Non ho stretto relazioni sociali, ma in compenso ne ho recisa una tediosa. Sui miei piedi sono comparse alcune vesciche a causa dei miei sforzi, ma non mi provocano dolore grazie alla presenza salvifica di alcuni cerotti. Preferisco correre sulle strade sterrate piuttosto che sull’asfalto e mi sento libero quando mi trovo ai margini di un bosco, ma non mi immergo nella natura per cercare un silenzio mistico e infatti la musica mi segue ovunque io vada. Ogni tanto mi metto alla guida della mia auto e nottetempo inizio a vagare senza una meta precisa per rilassarmi lungo le strade trafficate dal buio. Penso che il tempo saldi la serenità a patto che il suo operato non venga sabotato né dalle autoconvinzioni né dalle consolazioni platoniche. Per adesso non prevedo degli sconvolgimenti epocali per la mia esistenza, ma credo che continuerò a prendermi cura del mio corpo e della mia mente con la solita verve.
Questo video è una parte del concerto dei Labyrinth al quale ho assistito due giorni fa: l’ho registrato personalmente nonostante mi trovassi troppo vicino al palco per ottenere una buona qualità dell’audio. Le altre otto parti del live si trovano sul mio canale di YouTube. Ho già tessuto le lodi della band capitanata da Roberto Tiranti e ho deciso di appuntare su queste pagine virtuali uno dei momenti più alti dell’intera esibizione, ovvero il momento in cui il gruppo ha suonato “Lady Lost In Time”. L’introduzione vocale di Tiranti è eccelsa, virtuosa, epica e mi esalta ogni volta che l’ascolto.
Qualche ora fa ho guidato per centocinquanta chilometri verso sud e mi sono fermato a Ciampino per assistere a un concerto dei Labyrinth che si è tenuto nello stesso club in cui ho visto Allan Holdsworth, ovvero Stazione Birra. Ho ascoltato “Return To Heaven Denied” in parecchi luoghi (compresi il Giappone e la Corea del Sud) e in circostanze diverse, perciò sono molto legato a questo album leggendario e apprezzo anche i suoi successori. Roberto Tiranti mi ha stupito, infatti ha cantato in maniera eccezionale e i suoi acuti mi hanno estasiato, inoltre si è presentato anche nella veste di bassista ed è riuscito a svolgere bene entrambi i ruoli. Ho filmato tutto il concerto e nei prossimi giorni lo caricherò sul web. I Labyrinth hanno realizzato dei dischi ottimi, ma credo che dal vivo rendano ancora di più. Ho inquadrato spesso gli interventi delle sei corde di Andrea Cantarelli e mi è sembrato che tutta la formazione abbia suonato in modo pulito. Stazione Birra è un ottimo locale, ha un’ottima acustica ed è gestito da persone che amano la buona musica. Tiranti ha inframmezzato i pezzi con qualche battuta e a un certo punto ha annunciato una ballad, ma poi è partita “Lost” (un pezzo la cui introduzione ha un ritmo piuttosto sostenuto) e questo scherzo mi ha dato la prova che anche i musicisti di progressive metal hanno il senso dell’ironia. È stato un live fantastico nel quale i Labyrinth hanno proposto un repertorio variegato e hanno dimostrato per l’ennesima volta il loro grande eclettismo.