Mantengo le distanze da ciò che non posso sfiorare e attendo che ogni nota venga suonata a tempo debito. Non mi interessano le nozioni di chi ha i titoli per dispensarle e curo la convulsione dei sensi con la volontà d’evolvere. Vivo quietamente e mi sento appagato, ma non voglio che la mia interiorità si sazi. Sono il risultato dell’alleanza tra la mia indole e le coincidenze. Mi sento fortunato e di tanto in tanto un’euforia leggera mi pervade. Alcuni frammenti della mia vita sembrano tratti dalla descrizione di un’ascesi, ma io non anelo a un’elevazione spirituale e non ho bisogno di credere a qualcosa per vivere. Mi sento completo anche nei periodi in cui le apparenti sciagure del mio stato d’animo mi inducono a formulare pensieri che talvolta esterno con un altro registro linguistico. Non bado eccessivamente alle bizzarrie capricciose della mente e ascolto quest’ultima quando si trova lontano dalle influenze nocive dell’impulsività. Non nego la bellezza di un fiume di bile, ma cerco di seguire il suo corso quando devo irrorare i canali della risolutezza e mi assicuro che non straripi durante la stagione dei monsoni. Tra un’ambage e l’altra mi diletto con le tessere del mio carattere mosaicato. Salto di pala in frasca e cerco di padroneggiare più di un modo con il quale esprimermi con me stesso per non cristallizzarmi in un soliloquio monocorde.
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