La scorsa notte sono uscito di casa verso l’una e ho guidato fino a Pitigliano. Ho attraversato l’atmosfera spettrale di Manciano e ho seguito la strada regionale fino alla città del tufo. Mi è piaciuto molto salire e scendere lungo i tornanti isolati e ho provato un grande senso di libertà durante il mio vagabondaggio solitario. Non sono mai stato capace di tradurre moralmente la notte dato che quest’ultima mescola sapientemente qualcosa del bene e del male in un modo incomprensibile che le dà le sembianze invisibili di un tao amorfo. Avevo già visitato Pitigliano prima della scorsa notte, ma la mia ultima visita risaliva a un tempo così remoto che lo avrei potuto attribuire tranquillamente a una vita precedente. Mi ha stupito l’imponenza evocativa con la quale il comune si affaccia sul mondo, ma non escludo che l’illuminazione e la notte abbiano giocato un ruolo fondamentale nel mio moto di meraviglia. Lungo la strada ho incontrato gli amici di sempre: una pattuglia dei carabinieri e due auto dei vigilantes. I miei giri notturni sono diventati frequenti. Qualche volta trafiggo il cuore della notte e mi reco a Grosseto per godermi i silenzi e gli spazi che la città offre quando si cheta.
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