Non è sempre facile dare un significato agli avvenimenti della vita e alcuni episodi di quest’ultima sembrano delle ingiustizie tremende, ma credo che qualche volta vengano esasperati i toni delle circostanze avverse per soddisfare il vittimismo. Le separazioni, le morti, le delusioni, l’invecchiamento, le tasse, i rimproveri, le malattie e gli attriti possono annullare la capacità di carpire la bellezza in ogni sua manifestazione, ma la volontà può evitare che accada una simile sciagura a patto che non si traduca in un ottimismo forzato che considero deleterio quanto la sua antitesi. Il momento che intercorre tra una sconfitta e la vigilia di un nuovo sforzo è il campo di battaglia sul quale si fronteggiano due aspetti del carattere umano che vogliono dominare la personalità e credo che dall’esito di questo conflitto interiore possa scaturire una propensione per la vacuità o un’inclinazione forte per qualcosa di completamente diverso. Lotto molto con una parte della mia volontà perché ciò che talvolta credo di desiderare in realtà non può giovarmi affatto. Cerco di sbarazzarmi delle mie impressioni superficiali per acquisirne altre più vicine ai confini apparentemente irraggiungibili della realtà e questo processo avviene principalmente nell’ambito della mia introspezione. Non cerco una chiave di lettura per il mondo, ma voglio inquadrare dettagliatamente il mio microcosmo per non fare un torto alle mie molecole né alla struttura emotiva che le orchestra. Voglio vedere con chiarezza anche in mezzo ai giochi di luce.