Domenica ho atteso che il cielo appendesse i suoi chiarori aurorali prima di montare sulla mia bicicletta per dirigermi alla volta dei colori senesi. Mi sono armato di pazienza, ho fatto il pieno di determinazione e infine mi sono messo uno zaino sulle spalle per avere a portata di mano cibo e vestiario. All’inizio ho pedalato lentamente e ho attraversato un pezzo dell’Aurelia fino a quando non sono giunto alla deviazione nei pressi de “La Parrina”. Mi sono lasciato alle spalle Magliano, poi Pereta e Scansano: mi ero già avventurato in queste luoghi poiché in passato ho affrontato per due volte la Scansanese da Grosseto a Orbetello. Dopo Scansano ho proseguito verso Roccalbegna e prima di attraversarla ho effettuato una delle quattro soste con cui ho gestito la fatica. Mi sono fermato un quarto d’ora e ho mangiato su esplicita richiesta del mio stomaco: biscotti, marmellata e un succo di frutta. Sono ripartito un po’ infreddolito, ma ho impiegato poco per riscaldarmi nuovamente. Ho affrontato parecchie salite, ma per fortuna qualche discesa occasionale ha addolcito il mio percorso. Gli scenari che ho visto sono di una bellezza inesplicabile, perciò non intendo spendere troppe parole sull’incanto novembrino che avvolge l’entroterra toscano. All’altezza di Arcidosso ho iniziato ad accusare la fatica e ho cercato di non pensare per pedalare meccanicamente. Nel corso di questi centoquarantadue chilometri ho avuto la dimostrazione che l’affaticamento parte dalla mente, ma se quest’ultima può essere chetata allora il fisico è in grado di espandere la sua capacità di sopportare gli sforzi. Durante questa avventura ho chiesto qualche indicazione a dei passanti solitari e nella loro voce ho captato il tono della genuinità che si sviluppa soltanto quando si incrociano certi fattori ambientali. Dopo Arcidosso ho proseguito per Castel Del Piano e poi per Vivo D’Orcia prima di immettermi sulla Cassia. Ho seguito la strada che porta a Chianciano e poi ho percorso un breve tratto sterrato prima di entrare a Montepulciano, ma alla fine sono arrivato alla mia ultima destinazione: Gracciano. Ho concluso il mio viaggio alle quindici e quarantasei. Ho pedalato otto ore, ho effettuato quattro soste per un totale di sessanta minuti (arrotondamento per eccesso) e ho percorso centoquarantadue chilometri tra la provincia di Grosseto e quella di Siena. Sono soddisfatto di me stesso e non intendo spingermi oltre. A Gracciano ho trovato ospitalità da un’amica di mia madre e l’indomani sono tornato a Orbetello in auto con la mia genitrice, ma prima di partire ho trovato persino il tempo di vangare un piccolo orto e di sistemare un computer portatile come pagamento scherzoso per il vitto e l’alloggio che ho ricevuto. Sono vivo nel senso più inscrutabile del termine e il mio tragitto estenuante mi ha rinvigorito.
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