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Il respiro della coscienza: l’evasione dalla fuga

Un interrogativo si propaga con la stessa cadenza dei suoi colleghi: “L’amore ruota attorno al popolo della Terra oppure quest’ultimo si limita a roteare una delle sue manopole eteree per sintonizzarsi sulle frequenze dell’utopia?”. La vocazione congenita per l’amore assomiglia a uno spiraglio da cui qualcuno tenta di passare per scappare dalla morte, ma credo che una tale lettura corrompa ogni manifestazione di questo sentimento. Talvolta l’amore e la morte compongono dei drammi ampollosi che si svolgono sulle pagine di un libro, sul palco di un teatro, nell’occhio inflessibile di una telecamera o in una stanza che è destinata a rimanere vuota, ma in tutto questo non vi trovo né pathos né romanticismo fosco. Mi sembra che a volte il desiderio di amare nasconda il timore della morte e penso che queste due entità psicologiche si incrocino più di quanto io riesca a presumere. Ritengo che l’amore non possa essere disinteressato, ma in questo caso al vocabolo “interesse” conferisco un significato più “filosofico” per affrancarlo dalle connotazioni materialistiche dell’eloquio popolare. Talvolta sembra che si debba vivere per sempre e non è semplice emanciparsi da questa illusione poiché è tanto confortante quanto errata. Può risultare sgradevole e difficoltoso guardare le prime avvisaglie della propria finitezza nel fiore degli anni e forse l’impresa diventa ancora più ardua quando si giunge in prossimità della morte senza averla messa in conto. Non penso che sia salutare trascorrere una vita a contemplare la propria finitezza, ma forse questo è ciò che accade quando l’amore viene considerato come un modo per evadere dalla fuga della vita. Qualcuno pretende che l’amore giri in senso antiorario per accedere a un’esistenza perpetua, ma questo genere di pretese assomigliano a quelle di un bambino che non vuole andare a dormire. Trovo che sia indispensabile accettare integralmente la presenza futura della propria assenza qualora si voglia amare in modo sublime. Suppongo che l’amore e la morte agiscano su due piani diversi e si incrocino al sorgere delle problematiche esistenziali nella sfera introspettiva. Non ho mai amato e credo di non essere mai morto finora, ma non ritengo che la mia inesperienza possa pregiudicare in qualche modo le mie considerazioni trascurabili.

Francesco

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