Oggi ho ripercorso i sentieri della mia infanzia e ho notato che sono rimasti quasi intatti. L’edilizia rurale si è espansa nelle zone in cui giocavo da bambino, ma fortunatamente non ne ha cementato ogni angolo. Quando ero piccolo attraversavo i campi agresti con un canna di bambù in mano che impugnavo a mo’ di fucile. La fantasia mi arruolava in ogni stagione e mi assegnava alle prime linee del conflitto pomeridiano di turno. Ho combattuto molte campagne d’Africa sopra i terreni rossastri che ancor oggi circondano la mia abitazione. Ogni tanto un trattore percorreva i campi con la sua andatura pachidermica, ma io lo considervo un carro armato e parimenti vedevo un bombardiere nemico in ogni areo di linea che sorvolava il cielo delle mie avventure militari. Devo ammettere che da bambino avevo una immaginazione molto fervida. Interpretavo sempre un ufficiale della Wehrmacht e spesso giocavo da solo, ma la mia fantasia bellica era influenzata fortemente da un mio amico d’infazia. Costui aveva un paio di anni più di me ed era il figlio di un generale in pensione, perciò era appassionato di armi e provava una forte ammirazione per il nazismo. Non eravamo manco adolescenti, ma la nostra mentalità non aveva nulla da invidiare alle schiere di giovani che qualche decennio prima avevano fatto parte della Hitlerjugend. Sono passati molti anni da quei giochi militari e le nostre strade si sono separate da parecchio tempo: lui è un tenente di stanza in Iraq mentre io combatto una guerra civile nei miei recessi.
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