Le mie giornate trascorrono lentamente: leggo, scrivo, mi alleno fisicamente e ascolto molta musica. Lo spettro delle mancanze affettive mi segue ovunque, ma sopporto pazientemente la sua presenza e non mi scompongo dinanzi ai suoi effetti. Sfoglio pagine numerate, macino chilometri e riempio righe vuote per continuare a migliorarmi malgrado io non abbia un fine per farlo. Anche quest’anno sono pronto ad affrontare le mestizie imperanti dell’autunno e dell’inverno. Mi faccio largo tra i giorni con l’insistenza della mia inclinazione a vivere e affronto silenziosamente ogni inquietudine. Sono un habitué delle zone rurali e mi reco nei luoghi isolati per trovare un po’ di conforto paesaggistico. Ogni tanto penso alla mia morte e cerco di immaginare l’attimo esatto in cui la vita cessa, ma ovviamente fallisco sempre nel mio intento e mi rimprovero quando indugio troppo sulla contemplazione di questo tema. Sono una persona comune e mi appartengono di diritto gli interrogativi ancestrali che ho ereditato dalle radici del mio albero genealogico. Non sono in grado di giustificare la mia transitorietà , ma spero che sia longeva. Sono ancora giovane e devo proteggere la mia determinazione a vivere per affrontare da solo i giorni in cui conterò i miei ultimi capelli canuti. Non voglio diventare una vittima del tempo, ma voglio essere pronto e cosciente per adempiere agli obblighi improrogabili della mia natura. Continuerò a volgermi verso il miglioramento di me stesso fino a quando le mie funzioni vitali me lo consentiranno.