Ieri pomeriggio sono andato un’altra volta al Monte Argentario in bicicletta e oltre alla solita bottiglia d’acqua mi sono portato dietro un libro. Ho trascorso il pomeriggio nella stessa radura nella quale mi sono fermato due giorni fa. Mi sono accomodato sopra una roccia e ho incrociato le gambe, subito dopo mi sono levato la t-shirt e ho estratto dal mio zaino “L’evoluzione Creatrice” di Bergson. Sono stato sotto il sole per un paio d’ore e di tanto in tanto ho interrotto la lettura per per guardare in lontananza le scie dei natanti sulle chiazze acquatiche. Penso che sia difficile descrivere certi panorami e credo che l’impresa sia ancora più ardua per chi arricchisce certi scenari con lo sforzo fisico a cui si sottopone per raggiungere il punto di osservazione dal quale contemplarli. Comunque credo che io debba smettere di giocare all’asceta. Non ho intenzione di passare i prossimi mesi in un continuo andirivieni tra la mia stanza e il Monte Argentario, ma vorrei trascorrere qualche altro pomeriggio a un’altitudine diversa da quella a cui la mia monotonia si è assuefatta. Il contatto con la natura sminuisce adeguatamente il mio Ego e riesce a ricamarmi addosso pezzi d’armonia. Concludo con un excursus che riguarda Henri Bergson. Ne “L’evoluzione Creatrice” vengono presentati due tipi di ordine e il disordine viene definito come l’assenza dell’ordine desiderato: la mancanza d’ordine viene negata. Questo passaggio mi ha colpito per la sua forza e se l’avessi letto dieci anni fa avrei potuto usarlo per incantare mia madre con una giustificazione filosofica con cui legittimare l’asimmetria che a quel tempo regnava nella mia stanza. È un peccato che oggi io sia un ragazzo ordinato, ma almeno mi è rimasta la verginità.
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