Giustappongo una riflessione all’altra per comporre il mio mosaico esistenziale. Studio me stesso e non cerco di risolvere i problemi dei miei simili dato che non ne ho la facoltà. Coltivo la pazienza in silenzio e sfrutto le perturbazioni della mia vita per irrigarne le radici. La spiritualità non mi appartiene e non dispongo di armi trascendentali per difendermi dalle eruzioni della sofferenza, ma nemmeno il materialismo si confà alla mia natura. Il rifiuto di ogni fede religiosa e di ogni sua antitesi mi ha fatto scoprire le uniche ricchezze inalienabili dell’umanità: le domande metafisiche. Ho uno scrigno pieno di interrogativi a cui mancano risposte che non cerco. Accetto l’inconoscibilità delle mie origini e l’incertezza della mia destinazione anche se non sono sicuro della loro esistenza. A volte mi sembra che ogni cosa sia ingenerata nonostante l’opinione contraria dell’evidenza si desti di continuo dinanzi alle mie percezioni. Accarezzo con dolcezza materna le paure che mi sono rimaste e accudisco la mia ignoranza affinché non venga inquinata dalle parole faziose che hanno tradito la verità per mettersi al servizio del quieto vivere. Intreccio trame dolorose e intense, ma non emetto suoni lamentosi. Sono contento e incompleto: il mio stato d’animo è un paradosso che sfugge alla dualità.
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