Le dighe cedono, i fiumi straripano come gli occhi di una vedova minorenne e alcune esplosioni a catena mettono al mondo colonne di fumo che lasciano presto il loro nido igneo per levarsi verso il candore impalpabile delle nubi. Gli allarmi acustici suonano all’unisono e l’impeto degli elementi orchestra il terrore che domina le alture dei muscoli facciali. Ogni metro quadrato viene sottomesso da orde violente di centimetri cubi. La forza del flusso d’acqua sposta ogni cosa e scombina il disordine quotidiano. Nelle fogne i topi impregnano i loro escrementi con le lacrime mentre alla luce del sole si muove l’ombra di un’ecatombe planetaria. L’interesse generale sposta il suo baricentro. La passione per gli eroi morti in vano scompare lentamente dai divani divelti e non c’è un ideale giocoso che possa sedare lo spavento per l’apocalisse incipiente. In tali condizioni ogni legge che discende da Hammurabi diviene inapplicabile e ogni diritto appartiene solamente ai più forti. Il denaro perde il suo prestigio secolare e le banconote vengono estratte dalle tasche esclusivamente per appuntare sulla filigrana le memorie dei più deboli. In alcune zone i vortici ingoiano i corpi e le carcasse degli animali mentre in altri luoghi completamente allagati emergono poco alla volta i resti degli inondati. Gli uccelli planano vicino al pelo dell’acqua per cercare del cibo, ma talvolta anche loro trovano la morte a causa dei rifiuti industriali che galleggiano ovunque. Anche le esalazioni tossiche riescono ancora a contribuire alla resa della vita; ed è subito sera.
I corpi nudi dei sognatori si appoggiano alle pareti di marmo di un luogo indescrivibile mentre mani di alabastro toccano delicatamente le loro fronti. Nessuno dei presenti è in grado di scorgere i lineamenti degli altri. In questo posto gli esseri umani assumono sembianze diafane e passeggiano in cerca di una nuova indole da indossare al momento del risveglio. La ragione tace con dignità e la sua antagonista tributa elogi alla realtà inconsueta nella quale si trova. Chiunque entri in questa dimensione non può uscirne con dei ricordi ed è per questo motivo che neanche chi l’ha attraversata in lungo e in largo può rammentarne le fattezze. La ricerca di una nuova indole avviene inconsapevolmente e senza discriminazioni. Il figlio di una ricca possidente di cataratte e il figlio della più grande troia composta da carne e ossa hanno le stesse possibilità di incorrere in un’indole che dirotti le loro vite verso mete inaspettate. Lo stupore si candida fieramente per descrivere le possibilità che si stagliano di fronte all’ingresso e all’uscita di questa dimensione trascendentale. Questo luogo anonimo si trova a metà strada tra la materia che viene percepita dall’occhio e l’immaginazione che viene proiettata dalla mente, laddove la memoria si snoda lungo le pavimentazioni metafisiche fino a quando non incontra una nuova prospettiva che le faccia tornare la voglia di osservarsi in silenzio.
Ho eliminato le macchie di mestizia che nei giorni scorsi hanno imbrattato la mia esistenza. Dopo un breve stallo il mio stato d’animo ha ripreso il suo assetto consueto. Non ho impiegato molto tempo per superare l’ennesima delusione che mi ha sfidato in una gara clandestina lungo il solito tracciato di amarezze. Ormai sono un veterano delle corse nelle quali il vincitore ottiene solo la sopravvivenza del proprio equilibrio e sono lieto di salire per l’ennesima volta sopra una cassetta di verdura che funge da gradino più alto del podio. Ho imparato a non temere gli eventi destabilizzanti perché anche loro sono vittime del tempo e mi sono reso conto che le dimensioni del loro potere distruttivo spesso vengono ipertrofizzate dalla fantasia umana. Nella prima parte della mia giovane esistenza ho trascorso intere notti a contemplare le evenienze più tragiche della vita e grazie a questo lavoro introspettivo sono riuscito a rafforzare il mio carattere senza indurirlo. La mia esperienza, a dispetto della sua età, riesce a proteggermi da una vasta gamma di turbamenti e mi aiuta a salvaguardare le tonalità chiare del mio stato emotivo. Non sono un pischello virile e la mia verginità lo attesta inconfutabilmente, ma godo immensamente della fortuna che mi accompagna dal giorno in cui sono nato e non bado a chi la considera poco appariscente. Non ho una tabella di marcia da rispettare, non sono un camionista che trasporta ambizioni e non lascio che la parvenza della felicità saboti il mio sistema nervoso. Mi piace stare accanto alla realtà, amo ogni suo aspetto, e quando qualche convinzione fallace si acchita e la imita allora cerco di ricordare che lei non si trucca mai. Vivo tranquillamente mentre l’autunno è in vacanza e qualcuno si augura che egli muoia in un attentato di matrice islamica. Non ho un sogno di una notte di mezza estate, ma ho una collezione di giorni sereni che è in continua espansione. Credo che le chimere e le escursioni oniriche siano dei giochi stimolanti per la mente, ma penso che la prova empirica del mio stato di grazia sia impagabile.
L’analisi delle mie relazioni platoniche
Pubblicato sabato 7 Luglio 2007 alle 11:19 da FrancescoOgni tanto conosco una ragazza per caso e puntualmente incomincio a dialogare intensamente con lei. Per me l’aspetto fisico è fondamentale, ma prima di valutarlo con attenzione mi interesso precipuamente al carattere della persona con cui mi relaziono. Amo parlare e conoscere ogni cosa della mia interlocutrice. Per me il dialogo è fondamentale e ritengo che sia l’unico strumento di precisione che possa aiutarmi a capire cosa provo per l’altra persona. Mi piacciono le chiacchierate senza inibizioni, le passeggiate interminabili e le telefonate notturne. Finora ogni mia relazione platonica ha seguito lo stesso iter e ho deciso di illustrarlo con l’aiuto di qualche immagine didattica per guadagnarmi con centodieci e lode il titolo di sfigato.
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Conosco una ragazza casualmente e lei prende l’iniziativa dato che io sono il figlio di due lesbiche che si chiamano “diffidenza” e “timidezza”. Dopo una presentazione disinibita ci scambiamo i numeri di telefono e qualche giorno dopo ci sentiamo sotto l’egida di Telecom Italia (o di chi per lei).
Nelle settimane seguenti lei mi osanna e io faccio altrettanto, ma il suo entusiasmo mi incute un po’ di timore e forse questo è il presagio funesto che ricorre più spesso nelle mie relazioni platoniche. In questo arco di tempo in cui ci lodiamo a vicenda sembra che lei abbia trovato in me l’uomo della sua vita, ma la nostra relazione embrionale è destinata a scadere entro trenta giorni come la più economica busta di latte a lunga conservazione.
Lei continua a dirmi che mi desidera e tra battute, confessioni, ricordi e splendide discussioni senza inibizioni d’un tratto mi dice che recentemente ha incontrato altri ragazzi, ha limonato con loro e si è fatta persino scopare da certi uomini senza nome, però mi assicura che in nessuna gang bang a cui ha partecipato ha messo i suoi sentimenti. Lei ama me, ma si fa fottere dagli altri: sembra una legge della fisica. Insomma, è chiaro che dopo un po’ annoio colei che si rapporta a me ed è inevitabile che costei cerchi un po’ di sesso mercenario. D’altronde non posso chiedere a una ragazza di rinunciare ai piaceri della carne per un mese per conoscerla meglio: non sia mai! Comunque dato che non è la mia fidanzata non posso fare altro che prendere atto della situazione e allontanarmi dalle sue grazie.
Così si è svolta ogni mia relazione platonica. Le ragazze si stufano presto di me, ma pare che io riesca ugualmente ad avere un certo ascendente su di loro, infatti vogliono parlarmi e desiderarmi quando non sono occupate a svuotare le palle dei maschi maggiorenni della loro provincia. Forse dovrei aprire una linea telefonica per supportare psicologicamente le ninfomani e in questo modo avrei un lavoro e almeno riuscirei a fare contenta una donna: mia madre. Non ho mai dato un bacio, non ho mai dato un abbraccio, ma ho rimediato alle mancanze comunicative di certe ragazze espansive e non ho chiesto nulla in cambio. Cazzo, vado a vedere se qualche emittente trasmette ancora le puntate di “Happy Days”.
È successo di nuovo. Ho appoggiato alcune speranze sopra il diadema con cui ho incoronato per un mese esatto la personalità di una fanciulla promettente, ma quando mi sono girato per ammirarle non le ho più trovate. La storia è sempre la stessa. Una povera infelice mi conosce per caso e pensa che io sia la panacea per tutti i suoi mali, ma non sono un supereroe e non posso salvare nessuno da se stesso. Non l’ho mai toccata, non l’ho mai baciata, ma ho parlato e ho passeggiato a lungo con lei. La nostra separazione pesa un grammo di cocaina. Lei ha barattato il mio cuore per una sniffata e per una scopata occasionale con un cocainomane, ma devo riconoscerle il merito di non avermi mentito e per questo motivo la stimo. Non sono incazzato con lei e rispetto le sue scelte anche se non le condivido, ma mi costa parecchio cancellarla dalla mia vita. Non sono il tipo di persona che costruisce amicizie colme di ipocrisia sulle ceneri di passioni che non hanno mai avuto un inizio. In questi anni mi sono lasciato alle spalle molte persone e ogni addio ha contribuito alla mia crescita interiore. Il mondo è stupendo perché offre sempre una possibilità e non sarà certo un altro fallimento a mutare faziosamente la mia visione delle cose. L’amore esiste, non è solo un’idea romantica perché è tangibile come la porta che ho preso a pugni prima di iniziare a scrivere, ma non è detto che tutti riescano a toccarlo con mano e io sono tra coloro che ancora non ci sono riusciti. Sono giovane e forte, ho ancora molto tempo a mia disposizione e non mi spaventa l’idea di restare solo perché è la mia capacità di abbracciare la solitudine che mi conferisce la forza di non scendere a compromessi con i sentimenti. Tutte le delusioni che ho collezionato non sono semplici attimi di sconforto, ma sono attestati indelebili che confermano la mia devozione alla realtà anche quando è scomoda e provoca dolore. Il tempo che passa non riesce a scoraggiarmi perché ho me stesso dalla mia parte, ma nel contempo sono pronto a esplodere in frammenti d’amore senza la paura di non ricompormi. Sono lontano dai vizi capitali, sono lontano da ogni tipo di fede e stringo a me solo quello che è reale. Fuori c’è il sole, il cielo è limpido e questi dettagli banali dimostrano che la giornata di oggi è stupenda. Forse non scriverò per qualche giorno per sgomberare la mente.
Talvolta qualcuno che ha talento da vendere deve rivolgersi al banco dei pegni per ricavare qualcosa dalle sue doti e spesso è costretto a prendere in omaggio quintali di frustrazioni. Chi ha fantasia e un senso dell’umorismo che rasenta la follia può approfittare del crollo del proprio tetto per dedicarsi all’astronomia. Sono un menefreghista a cui importa poco del menefreghismo e non faccio nulla per nasconderlo. Ogni tanto mia madre mi dice che alla mia età dovrei avere un lavoro, ma puntualmente le rispondo che cedo volentieri il mio ipotetico posto a chi ha veramente bisogno di denaro: sono un altruista. Se tutti i ragazzi viziati rinunciassero al loro impiego (che non di rado è frutto del nepotismo) ci sarebbe meno disoccupazione tra i ceti meno abbienti. Quando mia madre non mi esorta a diventare un’unita della forza lavoro mi suggerisce di trovarmi una ragazza, ma per me i suoi consigli equivalgono all’invito di prendere un bel respiro in una camera piena di Zyklon B. Non sono un mammone italiano e non prendo ordini morali dalla donna che mi ha messo al mondo, ma sono sempre sincero con lei e quando occorre tiro fuori argomenti scomodi che la imbarazzano. Mi fanno ridere i figli che sono succubi delle madri e che non riescono a insultarle quando lo reputano opportuno. Ancor oggi rinfaccio a mia madre lo sbaglio di avermi battezzato senza chiedermi il permesso, ma in realtà si tratta di uno dei tanti espedienti che uso per argomentare su cose di tutt’altro genere e lei lo sa dato che sono io stesso a sottolinearlo.
Durante l’adolescenza sono stato un fan del black metal, ma con il tempo mi sono un po’ allontanato da questo genere per approdare ad altri lidi musicali. Ho ritrovato un video che non è certo un caposaldo del black metal, ma per me si tratta di un piacevole ricordo. Gli Ancient non sono i Mayhem e penso che “Proxima Centauri” non sia paragonabile nemmeno per scherzo a “De Mysteriis Dom Sathanas”, ma ho un legame profondo con “God Loves The Dead” e non posso fare a meno di celebrarlo per evocare nuovamente una parte molto divertente della mia giovinezza. Adoro quando Aphazel osserva la telecamera e muove le mani al ritmo di “die, die, die, die, die, die”.
La tristezza è un vizio inveterato per chi non riesce a smettere di guardare le repliche degli episodi più lugubri della propria esistenza. L’agitazione spasmodica dei sensi non ha una grande utilità e rappresenta l’unica risorsa degli attori istrionici. Da ventitré anni a questa parte sento continuamente l’odore della sopravvalutazione di certe convinzioni sterili e artefatte. La sofferenza di chi sta bene è un capriccio comportamentale che delinea con forza la natura incontentabile dell’opulenza. Dentro tante scatole di stoicismo si trova solo la comodità e spesso l’infelicità artificiale è impiegata per modellare del vasellame a forma di cinismo sul quale vengono servite platealmente le fantasticherie contorte dell’autocommiserazione. La stupidità è una badessa stolta che conferisce onorificenze alle cose più pusillanimi che l’astrazione umana possa contemplare nel novero della sua coglioneria e difficilmente l’autocritica si alza in piedi per obiettare contro le cerimonie farsesche che incensano concetti senza meriti. Credo che sia di importanza capitale riuscire a mantenere un legame forte con la realtà e penso che le escursioni nella spiritualità o in altre galere dottrinarie non possano contribuire alla salvaguardia del rapporto che intercorre tra la propria esistenza e il mondo reale. Le opinioni che nascono con lo scopo precipuo di sostenere l’identità di un individuo creano ulteriore confusione nei campi dell’entropia. Se un’opinione nasce per appagare l’Ego allora è soltanto una troia che tradisce il suo compito originario.
Il mio guardaroba è ampio, ma non incontra il consenso del buongusto. Questo è un capo per l’inverno, l’estate, l’autunno e la primavera. Una t-shirt quattro stagioni che omaggia romanicamente la farina bianca. White flour! La mia nuova maglietta mette in risalto il taglio dei miei capelli. Ieri ho impiegato due ore per rasare il mio cranio con le lamette della Gilette: il rasoio elettrico, questo sconosciuto. Forse qualche idiota mi accuserà di essere un neonazista: pazienza.
La squadra del sadismo scrive frasi antisemite sopra i portoni e poi dà fuoco ai palazzi. Si intrufola nelle case per rubare la vita dalle culle e prima di andarsene si mette in posa di fronte alle sue vittime per instillare gocce di paura nelle loro pupille. Piazza ordigni nelle chiese e disinnesca i sogni dei fedeli. La sua attività produce violenza gratuita e costa vite umane. Ogni membro della squadra porta sul corpo una cicatrice a mo’ di tacca per ogni suo assassinio. Questa gente agisce durante la notte, ma non disdegna completamente gli assalti diurni ai danni delle ville isolate e quando può si attrezza per una scampagnata sanguinolenta. Chi fa parte di questa organizzazione, che per certi aspetti ricorda una setta satanica e per altri versi assomiglia a un fan club di Arancia Meccanica, punta ad amare qualcosa per costruire emotivamente un bersaglio personale da distruggere: si noti come in questo caso il masochismo e il sadismo si stringano cordialmente la mano e come allo stesso tempo usino l’altra per strangolare la ragione. Ogni membro della squadra del sadismo propone a rotazione il suo piano per delinquere e dopo l’attuazione di ogni progetto criminale viene eletto tramite votazione quello che ha dato più soddisfazioni. L’ultimo piano a vincere è stato l’assalto a un casale. In quell’occasione la squadra fece irruzione in una casa rurale e sequestrò due sorelle e il figlio di una di esse. Il pargolo venne immobilizzato e un membro della squadra fissò tra le sue labbra un petardo con dello scotch, poi lo accese e prima che scoppiasse si voltò verso la madre del piccolo e la gambizzò con due colpi di Beretta. Infine la squadra si congedò e tutto finì a tarallucci e sangue.