Salgo un’altra volta sul patibolo per pagare le mie colpe. Non ho bisogno che il boia mi aiuti e mentre quell’uomo incappucciato continua a guardare la televisione io mi preparo educatamente a subire l’ennesima condanna a morte. Non mi interessa se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto dato che alla fine brindo sempre con l’arsenico. Quando sbaglio mi metto il cuore in pace e porto in spalla tutte le conseguenze senza fiatare contro il fato. I miei errori sono prodotti artigianalmente e ogni colpa appartiene soltanto alle mie decisioni. Sono l’unico azionista dei miei fallimenti e finanzio ogni disastro con capitali d’inconsapevolezza. Memorie senza vita vengono a farmi visita durante le ore piccole delle notti grandi e mi calpestano a turno fino a quando non riesco a fuggire nel sonno. Ho un chiodo piantato nel cranio per ogni anno della mia vita, ma sono ancora in piedi e la mia voglia di stare al mondo è sempre la stessa. Non demordo anche se il tempo passa e le possibilità si riducono. Sposto a fatica tutti i macigni emotivi che rallentano la mia marcia verso l’ignoto, ma ho la pazienza e la forza per continuare ad andare avanti nonostante tutti gli impedimenti. Le parole non mi arrestano e non ci riescono nemmeno le schiere di delusioni che evoco involontariamente nei momenti meno opportuni. Non voglio che qualcuno mi sostenga perché certe cose le posso risolvere unicamente da solo. Faccio i conti con me stesso e so che non mi conviene ingannarmi. Ho troppa esperienza per farmi distruggere dalle sconfitte, ma non ne ho ancora abbastanza per evitarle. Un giorno diventerò la somma delle mie correzioni e sarò pronto a proteggere ciò che la mia condotta mi ha negato fino a questo momento, ma se non dovessi farcela accetterò l’insuccesso senza protestare e comprerò un appezzamento di terra per coltivare il senso delle mie rughe.