Ogni tanto qualcuno si lamenta perché le sue buone azioni non ricevono una ricompensa. Penso che sia una pessima idea cercare di trarre profitto dalla propria filantropia e non lo affermo da un punto di vista morale, ma sostengo quanto ho appena scritto dalla prospettiva di un mercante. Non mi aspetto premi dalla sincerità, ma la osanno ugualmente e la invito spesso nella mia vita perché non voglio prescindere dalla sua presenza. Per me l’attimo fuggente non si trova nello stupro del presente. Penso che la natura dell’edonismo sia nobile, ma credo che la sua pratica deleteria ne annichilisca la natura originaria. Il piacere per me non si annida nell’avidità con cui le mani e la mente tentano di appropriarsi di ogni possibilità che compare nei loro perimetri. Le rinunce arricchiscono l’importanza e il valore di determinate situazioni, ma spesso privarsi deliberatamente di qualcosa che si apprezza sembra illogico e masochistico. Credo che la sofferenza sia un passaggio obbligatorio per raggiungere determinate mete emotive e per affinare l’ordine delle priorità personali, ma non la considero un punto di arrivo come invece accade in alcuni culti incentrati velatamente sull’autodistruzione. Cerco di salvaguardare il mio orientamento interiore per non perdermi nelle influenze degli eventi ostili. Non ho mai accettato le scorciatoie delle fedi meccaniche e a tutt’oggi lascio che una determinata voglia di sapere mi guidi nel tempo.
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