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Pensieri ricorrenti

Mi piace la primavera per tutti quei motivi banali che a tempo debito si leggono sulle antologie delle scuole medie. Durante gli ultimi due inverni ho lavorato molto sul mio fisico e mi sono accorto che la relazione tra psiche e corpo è più intensa e importante di quanto certuni sostengano. Il mio assetto psicofisico mi consente di sostenere abbastanza bene la solitudine. Tutto il tempo che ho trascorso da solo mi ha tenuto lontano da eventi trascurabili e mi ha dato una chiave di lettura in più per tentare di capire cosa sia giusto o sbagliato per la mia vita. Non sono in grado di dire cosa sia la felicità, ma penso che non si tratti di quella serie di ambizioni deleterie che propinano gli esperti di marketing e le credenze millenarie. Talvolta mi trovo spaesato e cado in stati depressivi dai quali fortunatamente riesco sempre a uscire da solo. Lo stato d’animo è soggetto a molte influenze e talvolta è difficile comprendere le ragioni della sua condizione. Non è facile sottrarsi alle decisioni della casualità e rinunciare alle comodità fataliste. Credo che la giustificazione delle proprie azioni sia l’anestetico esistenziale più diffuso al mondo. È difficile soffrire o gioire per gli altri, ma penso che non ci sia un altro modo per rincorrere veramente la propria serenità. L’immediatezza dell’aspetto più bieco e nocivo dell’egoismo fornisce solo gioie sterili ed effimere che nel tempo si accumulano e irradiano frustrazione. La logica più elementare impone sempre di agire per il proprio tornaconto, ma se la felicità, come altri moti dell’animo in accezione laica, è una manifestazione metafisica penso che sia indispensabile rendersi conto dell’inutilità della logica ordinaria. La paura di perdere tempo e occasioni sono un rischio concreto che spesso mi spaventa, ma trovo molto più terrificante la serenità apparente che viene ostentata nel silenzio dell’autoinganno.

Francesco

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