30
Apr

Elogio alla discesa

Pubblicato lunedì 30 Aprile 2007 alle 10:20 da Francesco

Sono incredibili le sensazioni che si possono provare su due ruote. Mi piace affrontare le salite con la mia bicicletta per conquistare il diritto a una discesa lunga e veloce. Quando mi proietto verso il livello del mare avverto gli effetti dell’adrenalina e cerco di non toccare il freno il più a lungo possibile. Mi eccita il pericolo di cadere e restare riverso sul cemento. Mi esalta il rumore isterico delle ruote e la precarietà della mia incolumità. Ogni volta che metto a repentaglio me stesso mi sento vivo e affermo il mio ruolo di essere vivente. A volte sconfino in un’incoscienza di stampo adolescenziale per nutrire il mio tempo e la mia autostima. Per adesso uno dei pochi modi che ho a disposizione per trarre soddisfazione dalla vita è mettermi alla prova fisicamente. In passato qualche volta ho peccato di arroganza e ho rischiato di farmi male, ma non sono mai rovinato al suolo né ho riportato conseguenze degne di nota. Cerco di non fare mai nulla che vada al di là delle mie possibilità e con il tempo ho imparato a calibrare il livello di difficoltà delle mie sfide estemporanee. Ovviamente ciò che per me può essere una prova di forza e coraggio per qualcun altro può essere normale amministrazione, ma per me si tratta sempre di una competizione contro me stesso e contro le mie paure. Il mio Ego si droga con l’epinefrina.

Epinefrina

Categorie: Immagini, Parole |

29
Apr

Strade assolate

Pubblicato domenica 29 Aprile 2007 alle 06:32 da Francesco

Trascorro il tempo lungo chilometri assolati e traggo un po’ di piacere dalla bellezza paesaggistica nella quale mi imbatto durante i miei itinerari. Spesso rimango appeso a pensieri autoreferenziali e non riesco ad amalgamarmi con i suoni ipnotici delle risate collettive, ma non rifiuto mai l’invito di una forma più intima e solitaria di ironia. La mia cittadina sembra già avvolta dai fervori estivi: lungo le sue vie circolano persone in cerca di relax e divertimento. I miei giorni si assomigliano moltissimo e talvolta la loro uniformità mi disturba, ma spesso riesco ad apprezzare gran parte delle ore che passo in stato di veglia. Ultimamente fatico a dormire, ma non sono stanco e immagino che la mia lieve insonnia sia dovuta al cambiamento di stagione e alla presenza fissa di certe caratteristiche che adornano la mia età. L’aumento della temperatura ha portato un aumento della mia masturbazione e ne sono un po’ infastidito, ma se non mi svuoto i coglioni almeno due volte al giorno mi tocca convivere con uno spiacevole senso di stanchezza e nausea. Forse dovrei recarmi dal mio dottore e chiedergli se la mia masturbazione abbia un semplice effetto liberatorio o se le mie seghe quotidiane siano l’espressione di una patologia cronica. Ogni tanto lascio la barba in colta per guardarmi allo specchio e ammirare il mio viso apparentemente vissuto. Sono un po’ alienato e quando sono allo stremo delle forze riesco a sentire nitidamente il battito cardiaco. Amo la mia lucidità e sono contento che tra me e il resto della mia vita non si frappongano droghe o altri vizi deleteri, tranne, forse, quello di isolarmi sulle strade assolate.

Categorie: Immagini, Intimità, Parole |

28
Apr

La scadenza del verbo

Pubblicato sabato 28 Aprile 2007 alle 12:59 da Francesco

Ogni decisione presa può generare molte ipotesi e molte riflessioni. Qualunque azione può essere giudicata in modi differenti e può assumere una miriade di sfumature a seconda del background di chi osserva e sentenzia. Più passa il tempo e più mi rendo conto di quanto siano vacui i giudizi che emetto e quelli che ricevo. Questo breve scritto rischia di trasformarsi nella solita cantilena sterile e puerile sull’inconoscibilità di ciò che è giusto e sbagliato, ma spero che faccia una fine migliore. Le dissertazioni sulla moralità mi hanno sempre dato l’idea di avere dei fini puramente speculativi e poco concreti. Le parole allontanano dalla concretezza e anche per questo ogni tanto le ripudio. Mi sembra che sia piuttosto difficile salvaguardare il valore di una frase. Il tempo erode il significato delle espressioni linguistiche e ne ridimensiona l’importanza. Le opinioni spesso cambiano e penso che la loro natura mutevole mostri quanto esse siano volubili e inaffidabili. Certe volte credo di avere ragione su questioni di poca importanza, ovvero inezie comuni e discussioni patetiche, ma anche quando ricevo il consenso di altre persone non mi convinco automaticamente dell’esattezza dei miei pensieri. Non mi interrogo su grandi questioni morali, ma su vicende comuni e non lo faccio come semplice atto di masturbazione mentale. Dalle mie riflessioni oziose tento di ricavare dei risvolti pratici, ma spesso mi sembra di rincorrere solo uno sfogo linguistico.

Categorie: Parole |

26
Apr

Il taglio del filo del discorso

Pubblicato giovedì 26 Aprile 2007 alle 22:40 da Francesco

Il valore delle parole cambia a seconda di chi le pronuncia e di chi le riceve: due pesi e due misure. Infinite combinazioni emotive si intrecciano quotidianamente tra le frasi fatte e le improvvisazioni genuine. Si avvicina la prova costume e si allontana un ricordo che sminuisce il valore della silhouette. Certi volti giustificano l’esistenza della fisiognomica. Ci sono tante impressioni che si susseguono e spesso sembra che l’esistenza sia pura teoria anche nelle sue manifestazioni più pratiche. I fraintendimenti accudiscono la grettezza delle convinzioni mentre qualche ragazzo di provincia abusa della prosopopea. Viene attribuita troppa importanza ai pensieri ornamentali che compaiono sera dopo sera fino al giorno del tramonto. Il pessimismo camuffato da analisi oggettiva genera svariati tipi di decadenza emotiva. L’equilibrio è difficile e noioso mentre le manie e gli estremismi sono più accessibili e apparentemente amichevoli. Una parola assume una forma concreta quando qualcuno la trasla nella realtà e non è detto che questo processo debba produrre necessariamente qualcosa di tangibile. Sbaglio sempre il dosaggio di cretineria: ne metto troppo o troppo poco. Ci sono tante cose che non conosco e tra queste ce ne sono alcune che non voglio conoscere per accontentare quella piccola quota della mia personalità che appartiene ai pregiudizi. Non apprezzo chi punta tutto sull’intelletto o sul corpo, ma ci sono delle eccezioni (numerose) che di fatto annullano quanto ho appena scritto.

Categorie: Parole |

24
Apr

L’arcipelago del paradiso

Pubblicato martedì 24 Aprile 2007 alle 22:04 da Francesco

I quarant’anni di un fuggitivo intonano il loro inno alla vita lungo un litorale caraibico tinteggiato dalle prime luci crepuscolari. Onde educate, palme assopite e silenzi armonici. Una vecchia auto affronta lentamente una salita e lascia dietro di sé i suoni di una radio locale. Sull’isola i ragazzini giocano con palloni bucati mentre i loro fratelli maggiori contrattano vizi capitali con i turisti. Sui tavoli di un bar costruito con legno e bottiglie degli anziani lasciano cadere pigramente delle carte da gioco. Sembra che il tempo si riposi in questo angolo della terra. Il fuggitivo quarantenne ha molti dollari e altrettanti motivi per preparare le valigie e un nuovo cambio d’identità. In paradiso transitano mercanti di polveri e angeli fuori servizio che gestiscono i tavoli verdi dei casinò elitari. Durante il giorno le ragazze più povere si spogliano sotto il sole e di notte sopra i corpi adiposi di uomini senza scrupoli. Ogni giorno gli aerei atterrano e decollano vicino a una spiaggia molto frequentata e la gente, ormai abituata al loro transito, ne accompagna le manovre con lo sguardo. Entusiasmo aerodinamico. Partenze e arrivi, estradizioni e nascondigli. Carretti di verdura e souvenir, parole di benvenuto e sguardi fieri di poliziotti corruttibili. Un vecchio che tenta di imitare Hemingway crede che il suo paradiso sia l’anticamera dell’inferno e si chiede quale volo segua la rotta per un luogo senza nome e privo di connotazioni. Volare via come se non avessimo mai fatto scalo.

Categorie: Parole, Video |

23
Apr

Pellegrinaggio abituale

Pubblicato lunedì 23 Aprile 2007 alle 03:53 da Francesco

Su una bellissima giornata di maggio scorrono vicende inconsuete. Il rosone di una chiesa si oppone fieramente alla luce solare e si fa scudo con le speranze lasciate dai matrimoni e dai funerali che nel corso degli anni si sono depositate sulla sua superficie. Una madre si prepara a sposare la sofferenza mentre suo marito è in procinto di sposare sua figlia. Un pittore di strada si trova nei pressi dell’avamposto ecumenico e ritrae il modo in cui le persone vorrebbero essere, poi passa i suoi disegni a uno spacciatore che s’incarica di selezionare e vendere la droga più adattata per permettere a ogni cliente di sentirsi nella maniera in cui è stato ritratto su carta. Un vigile senza braccia tenta di dirigere il traffico di perversioni e i flussi di violenza gratuita che guidano i passi insospettabili delle persone comuni. Una liceale bionda ignora le formule latine di un professore annoiato e sogna un improbabile futuro accanto a un uomo che ha il doppio dei suoi anni e la metà della sua maturità. Il solito negozio di frutta e verdura espone gli ortaggi coltivati nelle fosse comuni. L’arroganza di qualche pezzo grosso di un piccolo centro viene soppressa dalla follia omicida di un nullatenente sfruttato e umiliato dalla sua ignoranza. Le radio trasmettono canzoni d’amore e parallelamente le radiomobili dell’Arma ricevono richieste di intervento per stupri e violenze domestiche. Le giovani della generazione di turno cercano il principe azzurro, ma spesso si accontentano dei vassalli dell’istinto animale. Ragazze sgraziate e orribili criticano il successo delle loro colleghe più avvenenti. Ragazze avvenenti ignorano i successi delle ragazze sgraziate e orribili. La gioia e il suo opposto alimentano la vita nello stesso modo da millenni e provocano le solite ispirazioni che assumono forme immortali nella brevità secolare della storia.

Antoine Watteau - Pellegrinaggio all'isola di Citera

Categorie: Parole |

22
Apr

Dai respiri cadenzati di un vecchio senza nome

Pubblicato domenica 22 Aprile 2007 alle 22:34 da Francesco

Ci sono delle parole sferiche che con la loro staticità ostacolano la lunga discesa che porta al declino anagrafico. Ogniqualvolta un individuo si scontra contro una di queste sfere semantiche il suo percorso esistenziale subisce deviazioni imprevedibili. Queste collisioni scatenano movimenti emotivi molto veloci e le loro traiettorie sfuggono all’occhio. La casualità indirizza le energie degli esseri viventi in direzioni molteplici e quando queste forze generano risultati positivi prendono il nome di “dedizione” o “sacrificio”, mentre nel caso di esiti negativi assumono altre nomenclature: “colpe”, “peccati” o “reati”. Queste parole non sono attendibili nel loro senso ordinario perché possono essere usate per giustificare i fallimenti e ridimensionare i successi, ma il loro scopo è completamente diverso. Quando le parole subiscono l’influenza dei numeri possono assumere un valore esoterico di stampo speculativo (in termini di conoscenza e denaro) con cui placare gli aneliti metafisici; un principio può essere dicotomico, trino e può attraversare scale numeriche fino all’infinito. L’abilità di calcolo è un coefficiente della fascinazione dottrinale. Ciò che è fisico viene separato da ciò che non lo è per rendere indispensabile vocazioni e fedi meccaniche. Sembra che le parole profetiche per essere tali abbiano bisogno di ingenti quantità di astrusità e vaghezza, in modo tale che solo l’élite più convincente riesca a imporre la propria chiave di lettura.

Categorie: Parole |

21
Apr

Prima di una doccia serale

Pubblicato sabato 21 Aprile 2007 alle 21:18 da Francesco

Il mio stato d’animo si è chetato dopo le inquietudini appartate degli ultimi giorni. Certe volte mi trovo a fare i conti con le mie assenze emotive e non sempre riesco a uscirne integro. Vedo un po’ di romanticismo nel dolore che ricavo da certi pensieri viscerali, ma non è sempre sufficiente per tenermi lontano da serie interminabili di ore cupe. Le traversie della mia psiche sono più comuni di quanto io immagini, ma forse il mio modo di affrontarle è un po’ atipico. Più volte mi sono chiesto se i miei bisogni affettivi siano solo una conseguenza della mia appartenenza a una società in cui un sentimento profondo tra due persone rappresenta una delle poche isole felici. Questa domanda mi è sorta spontanea un giorno mentre facevo zapping e notavo la frequenza con cui immagini di complicità tra due persone sono trasmesse sul piccolo schermo. Molte delle cose che vedo e molte delle cose che sento hanno riferimenti di intensità variabile sull’amore, ma ho sempre avuto la sensazione che non sia quest’ultimo a suscitare l’interesse generale di un ipotetico pubblico. Pare che le distorsioni melense o parossistiche dei sentimenti abbiano un grande successo, ma non riesco ad apprezzarle. Mi avvicino alla fine di questo ennesimo excursus su qualcosa di cui ho solo una conoscenza teorica. È sabato sera e ancora una volta non ho progetti per le prossime ore. Oggi pomeriggio ho pedalato e ho sudato, perciò mi congedo da queste pagine per fare il mio ingresso trionfale nella doccia e rilassarmi con un po’ di acqua calda.

Categorie: Intimità, Parole |

20
Apr

Le ultime parole di Cho Seung-Hui

Pubblicato venerdì 20 Aprile 2007 alle 03:49 da Francesco

Cho Seung-Hui era un mio coetaneo, infatti anche lui è nato nel 1984. In questi casi si può fare dell’ironia fuori luogo, si può mostrare della partecipazione emotiva piuttosto artificiosa o si possono elaborare opinioni sull’accaduto e cercare di capire le cause, ma penso che tutto ciò serva solo a creare dibattiti per generare un po’ di aggregazione mediatica. Su YouTube ho trovato vari video e da uno di questi ho tradotto in italiano le ultime parole lasciate dal killer sudcoreano. La traduzione si trova sotto il video di Cho Seung-Hui che ha fatto il giro del mondo.

“Non avrei dovuto fare questo. Sarei potuto scappare, ma no, non scapperò più. Non è per me, ma per i miei bambini, per i miei fratelli e per le mie sorelle che voi fottete, l’ho fatto per loro. Quando è venuto il momento, io l’ho fatto. Ho dovuto. Sapete cosa si prova a prendere sputi in faccia e a inghiottire spazzatura? Sapete come ci si sente a scavare la propria tomba? Sapete cosa si prova ad avere la gola sfregiata da orecchio a orecchio? Sapete come ci sente a essere bruciati vivi? Sapete come ci sente a essere umiliati e impalati su una croce? E lasciati sanguinare fino alla morte per il vostro divertimento? Voi non avete mai sentito un singolo grammo di dolore in tutta la vostra vita. Volete iniettare nelle nostre vite più sofferenze che potete solo perché potete? Avevate tutto ciò che volevate. Le vostre Mercedes non erano abbastanza, voi, bambini noiosi. Le vostre collane d’oro non erano abbastanza, voi snob. Il vostro fondo fiduciario non era abbastanza. La vostra vodka e il vostro cognac non erano abbastanza. Tutte le vostre depravazioni non erano abbastanza. Non erano abbastanza per soddisfare i vostri bisogni edonistici. Avevate tutto. Avete vandalizzato il mio cuore, stuprato la mia anima e bruciato la mia coscienza. Voi pensavate che steste ponendo fine alla vita di un ragazzo patetico. Grazie a voi muoio come Gesù Cristo per ispirare generazioni di gente debole e indifesa. Avete avuto un miliardo di possibilità e modi per evitare questo giorno. Ma avete deciso di versare il mio sangue. Mi avete messo in un angolo e mi avete dato una sola opzione. La scelta era vostra. Adesso avete del sangue sulle vostre mani che non sarà mai lavato via”.

Categorie: Parole, Video |

20
Apr

Nudità autogena: fatti personali e considerazioni varie

Pubblicato venerdì 20 Aprile 2007 alle 01:16 da Francesco

Quando sembra che tutto vada a puttane cerco di non lasciarmi andare e chiamo alle armi la parte positiva del mio orgoglio. Lo spettro del suicidio mi è apparso in più occasioni, ma ogni volta l’ho preso a calci in culo e ne ho deriso la fuga con cattiveria. In certi momenti ho sofferto come un cane e mi sono sempre curato da solo con il tempo e la riflessione. Ho represso impulsi terribili e per mesi ho portato sulle spalle macigni invisibili: nelle giornate gelide o nelle ore estive, con il buio o con la luce, lontano da casa o nella mia stanza, da solo o in compagnia di me stesso. La mia vita interiore non va molto bene, ma dalla mia parte ho l’esperienza che ho accumulato attraverso tutto quello che ho superato senza l’ausilio delle persone o dei loro vizi. Parecchia gente non ha i coglioni di ammettere le sue debolezze e già non negare le proprie lacrime o i propri dolori è un modo per elevarsi al di sopra dello strato di merda che ricopre alcune parti dell’esistenza. Ho pianto da solo e silenziosamente su una panchina avvolta dal buio, ho urlato in mezzo a un campo vuoto durante una notte plenilunare, ho dato calci e cazzotti a reti abbandonate e tutto questo mi ha aiutato a sfogare ciò che mi divorava da dentro, un male endemico che è più diffuso di quanto si creda. Non ho debellato le mie pene e spesso sento la loro morsa, ma sono ancora vivo e in ottima salute. Non c’è nulla di eccezionale in quello che scrivo, ma di rado ho trovato qualcuno disposto a mettere la faccia accanto alle nudità della propria personalità. Ci sono miliardi di inibizioni che frenano le manifestazioni più profonde del proprio carattere e impongono frasi di circostanza con chicchessia. Per me è importante non nascondere nulla a me stesso e scrivere o parlare di me con disinvoltura, ma devo ammettere che non sempre riesco nel mio intento. Negli occhi delle persone leggo cose mai dette e desideri di fondo che talvolta la convivialità mette in secondo piano. C’è un bisogno atroce di affetto, di amore, di comprensione e di empatia, ma queste parole spesso vengono strumentalizzate da ideali del cazzo e perdono il loro valore. Chi parla di sentimenti spesso viene ridicolizzato e bollato come “ingenuo”, ma io non smetterò mai di ripetere queste cose anche se mi addolorano e mi fanno ricordare la mia condizione che è comune a tantissime altre persone. In un individuo c’è molto di più di ciò che contiene il suo passato o la sua fama, ma non è sempre facile capirlo e accettarlo. Sono a bordo di un auto e sputo fuori del finestrino mentre accelero verso il treno che viene contro di me. In altre parole cerco di accelerare contro gli ostacoli che mi opprimono perché voglio scontrarmi con loro al più presto e senza temere di esserne sopraffatto, ma data la loro natura è un po’ come pretendere che un treno si sposti per evitare un frontale. Ritengo che occorra non temere la morte per spingersi oltre la vita ordinaria senza cessare di vivere. Per me queste parole sono un manifesto con il quale cerco di apprendere da coloro che hanno sbagliato prima di me.

Categorie: Intimità, Parole |