Oggi sono andato a Grosseto in treno e come sempre ho portato la bicicletta con me, ma questa volta l’ho usata per tornare a Orbetello. Ho percorso tutta la Scansanese e sono passato attraverso posti di cui ignoravo l’esistenza: in particolare Bivio Montorgiali, Pancole e Pereta. Ho impiegato tre ore per percorrere tutti i settantacinque chilometri che mi sono lasciato alle spalle. Ho pensato molto tra le pedalate e i cambi di marcia. Mi sono sentito solo, più solo del solito in mezzo a paesaggi silenziosi e indifferenti. Ho quasi saturato i limiti di sopportazione della noia e dello sforzo fisico. Con questa selvaggia pedalata i manometri della mia inquietudine e del mio stress hanno sfiorato i livelli massimi. Sono devastato dalla fatica e da tutti i pensieri che mi hanno accompagnato nella mia folle corsa verso casa. All’altezza di Scansano sarei voluto crepare. Mi sono spinto fino al confine dei miei limiti e durante la discesa che da Scansano porta a Pereta ho passato in rassegna alcuni momenti della mia vita e non ne sono rimasto entusiasta. La mia mente non ha accolto solo episodi del passato, ma ha messo in evidenza anche alcune ipotesi sul mio futuro e delle considerazioni tanto severe quanto inquietanti sul mio presente. Sono passato anche per Magliano e non ho potuto fare a meno di pensare a J. e al cameo fugace che ha fatto nella mia esistenza. Sono esausto, affranto e questa notte spero di andare in coma per tanti anni e svegliarmi da morto. Calco l’onda del parossismo. Sono un cavaliere del nulla nel regno dell’autismo. Il mio sguardo scrive “stress” in maiuscolo. La lontananza da ciò di cui necessito mi tiene costantemente sotto pressione e mi procura scompensi esistenziali che curo da solo. Questa lunghissima traversata è stata nociva perché ha sottolineato gli aspetti più cupi della mia vita. Forse un giorno le mie imprese estemporanee mi porteranno alla morte, ma cercherò di continuare a resistere alla natura e spero di spuntarla prima che il tempo spazzi via le mie molecole. Non sono nemmeno le nove di sera, ma sono stremato e tra poco mi metterò sotto le lenzuola. Non scriverò nulla per una settimana. Voglio che queste parole, lasciate di getto su queste pagine virtuali, campeggino per un po’ come il vessillo della mia vita atipica. Mi chiamo Francesco e nell’anno corrente sono anche questo.
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