Due sere fa ho ricevuto una telefonata inaspettata da Karimun, l’ortopedica venticinquenne che ho conosciuto durante il viaggio di ritorno dal Giappone. È venuta in Italia per trascorrere qualche giorno di vacanza e oggi ripartirà per l’Inghilterra. Mi avrebbe fatto piacere incontrarla durante la sua breve permanenza a Mestre per scambiare qualche parola con lei e farle pesare il fatto che non è bionda, ma non ho ricevuto abbastanza ispirazione dal mio lato folle per partire alla volta del Triveneto. Avrò un’altra occasione per incontrare Karimun e la sua indole multietnica. È carina, piuttosto intelligente e indipendente, ma non provo nulla per lei e solo il mio bisogno di affetto la desidera. Mi gioverebbe una relazione con lei, ma non ho alcuna intenzione di instaurarla perché non ne sono attratto e come ho già scritto solo il mio bisogno di affetto ne è affascinato. Continuerò a privarmi di qualsiasi gioia carnale e platonica fino a quando non incontrerò una ragazza in grado di evocare la parte più profonda e sconosciuta della mia personalità . Corro un rischio abbastanza grande, infatti è possibile che in futuro io non abbia altre occasioni sentimentali, ma preferisco convivere con il nulla che mentire a me stesso e ai sentimenti di un’altra persona. La sofferenza che genera questa mia rinuncia è salutare e penso che mi faccia bene. Non critico chi usa il cazzo al posto del cuore, ma ho visto troppe vite rovinate dall’incapacità di soffrire e attendere in solitudine. Non è ancora il tempo per il mio primo bacio, non è ancora il tempo per il mio primo contatto con le ovaie di una ragazza, ma è decisamente l’ora per ascoltare un singolo di Mark Knopfler che risale al 2000: “What It Is”.