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Il comfort del vittimismo

Dove mi giro vedo espressioni di vittimismo. Molti individui pensano che la società si accanisca contro di loro e non si rendono conto che sono loro stessi gli artefici del loro male. È facile e romantico credersi degli eroi che si oppongono alle ingiustizie sociali invece di guardare la realtà. Ci sono tante persone che credono di avere qualcosa da dire, ma penso che spesso vogliano solo nutrire il loro Ego e ricavare un po’ di attenzione dai loro simili. Per qualcuno l’impegno sociale non è altro che indossare una maglietta di Emergency, sfogliare libri di economia e andare nelle piazze a scandire slogan degni di un ghost writer semianalfabeta. Formulare delle opinioni è un passatempo divertente, ma è da ingenui illudersi che esse abbiano un valore rilevante. Fin da piccoli ci viene insegnato che il mondo ruota attorno al denaro, altrimenti saremmo cresciuti tutti in sala giochi ad aiutare le nobili cause di Pac Man e di Street Fighter senza cacciare nemmeno una moneta da cinquecento lire. In altre parole credo che le filippiche e le teorie di certi giovani “pensatori” siano solamente un’occupazione mentale per evitare di fare i conti con la realtà: se a costoro interessasse realmente cambiare le cose probabilmente metterebbero in gioco i loro averi. Alcune ragazze sono un ottimo esempio di vittimismo. Ci sono certe donzelle che ripetono continuamente che l’amore non esiste, ma ho il vago sospetto che la loro nenia senza fine dipenda dalle loro corna coriacee e dai loro errori di valutazione. Per un po’ è divertente ascoltare e osservare tutte le assurdità che queste ragazze adducono per sostenere la loro tesi e talvolta trovano dei consensi altrettanto melensi nei loro colleghi maschili, ma ben presto questa ridda di cazzate diventa noiosa. Le persone più buffe sono quegli obesi che tra venti pacchetti di patatine e un chilo di pasta al giorno si “ribellano” all’importanza che la società dà all’aspetto fisico. Insomma, spesso ci creiamo delle giustificazioni verosimili per non accettare la nostra pochezza ed evitare l’impegno di migliorare la nostra persona. Con questo ammasso di lettere non voglio pormi su un piedistallo perché anch’io sono un po’ in balia del vittimismo, ma sto cercando di emanciparmi da questa comoda prigione della mia personalità. Cerco di non manifestare le mie sensazioni negative per risparmiare energia da impiegare in maniera più costruttiva e tento di non addossare a un nemico immaginario le colpe dei miei fallimenti. Certe volte è davvero difficile ammettere i propri errori, ma anche se non sembra l’alternativa è più terribile e si chiama “autoinganno”.

Francesco

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