Pare che un celebre neuroscienziato sia riuscito a rimuovere un ricordo da una cavia senza comprometterne la memoria. Questo studio potrebbe aprire nuove strade per la psichiatria. Mi inquieta l’idea che un farmaco possa cancellare un ricordo, ma allo stesso tempo ne ammetto l’importanza terapeutica. Mi affascina la neuroscienza, ma non ne so nulla e nel mio immaginario ha sempre prodotto degli scenari sinistri. Non rinuncerei mai a una parte della mia memoria e piuttosto che alterarla preferirei che mi spingesse al suicidio. Non ho ricordi traumatici, ma non escludo che qualcuno di essi si nasconda nel mio inconscio. Se per me la realtà fosse solo artificiale non troverei nulla di sconvolgente nell’applicazione di una tecnica umana per rimuovere un prodotto altrettanto artificiale della suddetta realtà. Penso agli effetti collaterali che potrebbe produrre inaspettatamente un farmaco deputato a un compito così delicato come quello della modifica della memoria e non posso fare a meno di rabbrividire. La mia ignoranza non mi permette di dissolvere dei timori dietrologici. È possibile che in futuro l’uso improprio delle scoperte neuroscientifiche possa consentire a qualcuno di controllare le menti della gente? Forse tutto questo avviene già adesso con mezzi subliminali, ma ho l’impressione che gli strumenti di controllo attuali siano primitivi e imperfetti se paragonati a quelli che potrebbe creare un connubio tra neuroscienza e altre discipline. Evito di proseguire per non lasciare che le mie paranoie imbrattino queste pagine virtuali e me ne vado cordialmente a fare in culo.
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