Ogni giorno gli automatismi si impossessano di molta gente. Le convenzioni sociali falsano la personalità e la costringono a compiere azioni meccaniche. Anch’io sono una vittima di questi meccanismi comportamentali, ma voglio emanciparmi dal funzionamento automatizzato della vita. Talvolta non riesco a essere me stesso perché mi dimentico di esserlo e agisco come se fossi stato programmato da un educatore sociale. Le mie ultime letture mi hanno spinto a mettere l’accento su questa questione, ma la mia interpretazione snatura totalmente la trattazione libresca dell’argomento. Voglio fare qualche esempio pratico per evitare di perdermi nel solito ammasso di paroloni. Se qualcuno mi sta sul cazzo e mi saluta, devo impedire che i miei automatismi ricambino cordialmente il saluto, ma devo prendere il controllo di me stesso e mandare a fare in culo lo stronzo di turno. Non importa la discordia che può creare una risposta diversa da quella normalmente attesa. Devo disciplinare me stesso e per farlo devo rendermi conto dei piccoli avvenimenti che modificano inconsciamente il mio comportamento. Di fronte a determinate persone o nel mezzo di certe situazioni non devo lasciare che l’istinto o la mia falsa personalità mi controllino, ma devo essere io a controllare i movimenti dei miei occhi, i gesti delle mie mani e il tono della mia voce. Quanto ho scritto finora può sembrare banale e ovvio, ma io credo che non lo sia. Agire consapevolmente è difficilissimo e richiede un grande sforzo. Sono un po’ angosciato dai miei automatismi. Le mie parole sono fortemente influenzate dalla lettura de “La Quarta Via”. Ho già avuto occasione di scrivere che non intendo adeguarmi a una dottrina esoterica, ma cerco di fare mie alcune parti del sistema di Gurdjieff per implementarle nel mio sistema che qualcuno, avvezzo agli insegnamenti del mistico armeno succitato e con ironia del tutto giustificata, potrebbe chiamare “il sistema di un uomo numero tre”.