Talvolta mi sembra che un uomo sia solo la somma delle impressioni che provoca nei suoi simili, ma per fortuna la realtà differisce da questa mia sensazione episodica. Diffido da coloro che condannano continuamente l’apparenza per dare un aspetto profondo e riflessivo alla propria personalità. L’esteriorità ha un ruolo importante che trascende la concezione di bene e male, ma è inevitabile che anch’esso cada vittima di etichette faziose. Ritengo che la soggettività e l’unicità di ogni rapporto umano non permettano di stabilire regole di comportamento che consentano di tracciare le coordinate per l’armonia simbiotica. Credo che le risate gratuite, le parole senza senso, la gestualità inconsulta e gli sguardi incerti siano dei piccoli pesi con i quali molte personalità cercano di equilibrare i loro rapporti interpersonali. Ho notato che il silenzio, tranne in momenti di trepidazione, è un ospite sgradito nelle relazioni sociali, ma penso che in realtà le persone vengano infastidite più dai momenti di insight collettivo che esso porta con sé. Per me è naturale parlare senza inibizioni con gli altri, ma raramente ho l’occasione di conoscere gente nuova. Qualcuno confonde la mia scarsa abilità di socializzazione con la timidezza. Mi rendo conto di come il solipsismo che caratterizza il mio stile di vita non mi permetta di trarre piacere dalle espressioni intellettuali ed emozionali di molte persone e trovo che questo sia uno dei miei più grandi limiti. Penso che sia fondamentale riuscire ad apprezzare la propria solitudine, ma credo che occorra essere delle teste di cazzo per stare da soli più del necessario e devo confessare che da un po’ di tempo mi sembra che il mio capo abbia una forma fallica.
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