Oggi a Tokyo ha piovuto per gran parte della giornata, ma l’acqua del cielo plumbeo non mi ha impedito di aggirarmi per la metropoli nipponica. Le vetrine ricordano che il quattordici febbraio è il giorno di San Valentino: la festa degli innamorati e dell’industria dolciaria. In questo momento mi sento completo e non odo i reclami dei miei desideri più profondi. Passo dopo passo lungo le arterie di Tokyo ho accumulato pensieri e gioie. Le mie cornee sono illuminate dalle sensazioni di pace e libertà che appartengono al mio status di straniero solitario. Anche il ritorno in Italia mi affascina. Mi attendono altre tredici o quattordici ore di volo. La distanza dal mio luogo natio depura le mie idee malsane e dilata gli strati del mio benessere. Cullo la mia contentezza, l’accudisco e la guardo crescere. Ho un nutrito gruppo di immagini un po’ macabre da rovesciare su queste pagine per equilibrare il mio stato emotivo e per evitare che la mia serenità contragga il virus dell’ingenuità. Mi mancheranno gli sguardi e le andature dei giapponesi, la riverenza che non mi ha mai dato l’idea di essere ostentata, il caos ordinato, i cibi precotti, i personaggi strambi, il mercato vicino a Ueno, gli scenari futuristici di una megalopoli che riesce ancora ad amalgamarsi con il suo passato, i tentativi risibili con i quali alcuni giapponesi cercano di assomigliare agli occidentali e la grazia disarmante di ragazze che ai miei occhi sembrano divine. Ho bivaccato con Tokyo nel migliore anfratto della mia solitudine asiatica. Spero che la mia morte sia ancora lontana, o almeno mi auguro che accetti una trasferta in Giappone!
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