In rotta verso il Giappone: 4 febbraio 2007

A Roma

Sono le 9:06. Stamane mi sono fatto accompagnare a Fiumicino da mia madre che fino all’ultimo momento mi ha implorato di chiamarla una volta arrivato in Giappone: ovviamente le ho detto di no e l’ho lasciata in preda alla paura di perdere il suo unico figlio. Adesso mi trovo nella sala d’attesa al gate B1 dopo una lunga fila al check-in. Non ho avuto problemi e per orientarmi ho seguito il vasto e variegato gruppo di giapponesi con il quale condividerò il volo fino all’aeroporto di Narita. I controlli sono stati rallentati dai tacchi improponibili di alcune figlie del Sol Levante. Le donne nipponiche sono tanto minute quanto belle. Sembrano delle statuine di beltà e non mi riferisco solo alle ragazze. Mi diverto a guardare le livree degli aerei e osservo con malcelato entusiasmo i loro decolli. La sala d’attesa è colma di persone assonnate e il piacevole tepore invita ogni passeggero a riposare un po’. C’è qualcuno che si diletta con il PC portatile e chi sfoglia svogliatamente le pagine di un giornale. Alla mia destra si trova un anziano dormiente e alla mia sinistra un aereo della Wind Jet. Manca poco alla partenza per Amsterdam. Continuerò questi appunti di viaggio quando sarò atterrato nella capitale olandese.

Ad Amsterdam

Finalmente ho messo piede nella meta ambita dai tossici europei. Ho passato il volo vicino al finestrino, accanto a una coppia di giapponesi e all’ala sinistra del 737 della KLM. Mi è piaciuto volare di nuovo. Amo la fase di decollo, quando la spinta dei motori si fa sentire con tutta la sua virulenza e si impone prepotentemente sulla forza di gravità. A bordo ho consumato un pasto modesto e ho ammirato uno scenario che ho visto altre volte dall’alto: le Alpi. Durante la fase terminale del volo ho avvertito una fitta all’occhio sinistro, ma per fortuna se n’è andata com’è venuta. Sono un po’ stordito a causa delle poche ore di sonno, avverto i postumi di una probabile sinusite, ho gli occhi rossi, ma la cosa più importante è che non me ne frega un cazzo. Questo breve tappa, da Roma ad Amsterdam, mi ha riportato alla mente le sensazioni dei miei precedenti viaggi aerei. Sono le 13:21, l’imbarco è previsto per le 14:20 e la partenza per le 15:20. Dovrei atterrare all’aeroporto di Narita alle dieci di mattina, ora locale, l’una di notte in Italia. Non avrò problemi ad adattarmi al fuso orario grazie agli orari sballati a cui sono abituato in patria. L’aeroporto di Amsterdam, di cui ignoro il nome, sembra più un tranquillo caffè parigino che una struttura adibita allo smistamento di uomini e merci. L’atmosfera è piacevole. Dietro di me è seduto un uomo anziano che sta parlando con una donna, ma per farsi sentire è costretto ad appoggiare un apparecchio elettronico sulla gola. Ogni tanto volgo lo sguardo a sinistra e osservo il rullaggio degli aerei. Durante il volo verso Narita spero di riuscire a dormire un po’ per mettere piede nel Sol Levante con tutte le mie forze e iniziare a divorare il paesaggio urbano a pieno regime. Spengo il PC, accendo il lettore MP3 e vado alla toilette per pisciare.

Francesco

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