È notte fonda e non c’è un alito di vento. Una bambina senza testa cammina in equilibrio sopra un filo dell’alta tensione e nemmeno l’ubriachezza molesta di un povero sbandato si accorge della sua presenza. Un metronotte prende a pugni una saracinesca, piange e bestemmia. La cataratta di una vecchia osserva con delizia la sofferenza dell’uomo in divisa. In una stanza maledetta un ragazzo abbandonato da tutti non riesce a mantenere la sua mano ferma e si accinge a ficcare l’ago della siringa vuota nella carotide per porre fine alla sua vita. Un uomo perbene vagabonda da una periferia all’altra con il cuore che gli penzola sul ventre. Coincidenze sbagliate spaccano a martellate piccoli sentimenti e incubi promiscui ammorbano i sogni nuziali di una prostituta silenziosa. Il tempo cade dalle nuvole e sembra che non ci sia mai stato. Un negro lancia sorrisi artefatti a destra e a manca, ma i suoi trentadue denti contengono piccoli neon rossi che connotano in modo inquietante l’espressione del suo volto. I volantini pubblicitari saltano sul selciato in attesa di una preda umana da assalire senza esitazione. La sagoma di un dramma razzia una culla di legno e ruba la gioa genitoriale di una giovane coppia. Il cancro, l’Alzheimer, la distrofia muscolare e l’ebola compiono lunghi girotondi attorno a una carrozzella vuota. Dall’alto del nulla cadono gocce di odio che impregnano le mani insanguinate di un uxoricida. Diari cartacei raccolgono minuziosamente i preamboli dei suicidi inattesi. In questa notte funesta una Irene qualunque decide di cambiare il suo nome: d’ora in poi si farà chiamare “stuprata”. Domani il tempo sarà sereno. Sì, il tempo.