L’Inter è prima in classifica. Peccato che io non sia mai stato un tifoso nerazzurro e che non me ne importi nulla del calcio televisivo. Mi ha fatto sorridere la notizia del divorzio di uno dei membri dei Beatles ancora in vita. Se Paul McCartney fosse nato con un cazzo piccolo come il mio probabilmente non si sarebbe sposato e non avrebbe dovuto allungare la modica cifra di quarantotto milioni di euro all’ex moglie. Pare che qualche tonnellata di materiale inquinante sia fuoriuscito da una nave chiamata “Napoli” e mi chiedo se sia un caso che la protagonista di questo disastro ambientale porti il nome di una città avvezza alle emergenze legate allo smaltimento dei rifiuti. Tra una mattanza e l’altra è incominciato il reality show più amato dagli italiani, ma non da me. Trovo che “Il Grande Fratello” sia estremamente noioso a causa della sua natura goffamente seriosa. Insomma, non ritengo che il format del reality show sia necessariamente una stronzata e in passato ho apprezzato alcune delle sue espressioni, ma provo una repulsione di stampo mediatico per il “Big Brother” e per gli spazi che puntualmente riesce a occupare sugli organi di informazione. Vorrei che Mediaset mi permettesse di realizzare la mia versione de “Il Grande Fratello”. Lo ambienterei ai Caraibi con dei concorrenti di varia estrazione sociale e culturale: un integralista islamico, un rabbino, un ex galeotto, un esponente di Forza Nuova, una vedova, uno yogi, uno dei tanti manager che ha sputtanato lo stipendio dei suoi lavoratori, un dirigente di Mediaset, un tossico, una ragazza affetta dalla sindrome di Down e una ventenne in calore. A parte le stronzate credo che l’ingerenza della televisione nella società permetta a un gruppo ristretto di persone comuni di realizzarsi personalmente e di racimolare qualche euro. Certo, poi c’è lo snobismo, ci sono le critiche morali e tutti i teatrini caserecci che sono tipici dell’Italia, ma sono contento che certi prodotti televisivi di bassa lega abbiano una funzione sociale indiretta.