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Apatia domenicale e affetto per il passaporto

Sono sospeso nell’atmosfera vacua della mia casa e assisto pigramente al passaggio dei minuti domenicali. Accumulo ore di insonnia e ignoro gli effetti confusionari della stanchezza. Ho intenzione di trascorrere la giornata in nome del riposo. Sento il retrogusto del passato quando la vastità del mio tempo si manifesta pienamente senza interruzioni. Ogni tanto qualche dissapore amaro interferisce con le mie interiorizzazioni, ma non crea disturbi rilevanti per la mia sublimazione. Oggi sono l’ospite d’onore dell’apatia e come tale devo astenermi da qualsiasi attività per non offendere la padrona di casa. Cerco di epurare la mia scatola cranica dalle stronzate nocive, ma per oggi, come ho già accennato, ogni mio movimento deve rendere grazie all’indolenza. Talvolta scarico silenziosamente quintali di parole con la stessa attitudine di uno scaricatore di porto che disprezza il proprio lavoro. Mi piacerebbe contribuire in misura maggiore all’edificazione della mia esistenza inconsueta, ma per adesso voglio limitarmi a dilatare le piacevoli sensazioni che adornano il preludio della mia partenza per l’Estremo Oriente. In questo momento vorrei tenere il mio passaporto sul palmo della mano destra e ticchettare sulla sua superficie con due dita, ma purtroppo questo documento, indispensabile per il mio viaggio in Giappone, si trova ancora lontano dalle mie falangi e suppongo che stia finendo di scontare la sua pena burocratica in qualche girone asettico della pubblica amministrazione.

Francesco

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