Penso che l’inganno, per sua stessa natura, non possa portare frammenti di felicità , ma solo attimi di appagamento intenso e deleterio. Penso che non sia possibile né auspicabile dire la verità in ogni occasione, ma credo che un comportamento tendenzialmente sincero paghi sempre, anche se in misura apparentemente minore, rispetto a un contegno fallace. Chi mente su se stesso offre alle persone una visione distorta della propria natura psicofisica e nell’istante in cui decide di iniziare il suo inganno non può aspettarsi di essere compreso né di essere apprezzato per le sue doti reali. Trovo che l’esaltazione di sé o un’eccessiva denigrazione della propria persona siano due atteggiamenti che si equivalgono sul piano della stupidità . Penso che occorra tendere alla verità sia nelle azioni positive che in quelle negative. Adulare senza espedienti e inveire in proporzione alla propria rabbia: niente di più, niente di meno. La verità verso la quale propendo si annida nei miei gesti quotidiani e non ha assolutamente un carattere cosmogonico. Nel contegno sincero verso me stesso e verso gli altri vedo l’anello di congiunzione tra la mia personalità e la realtà . Chi mente cronicamente dimora nelle galere delle sue paure e concede al malessere di calpestare il suolo della sua intimità . La simpatia per la verità dovrebbe avere un ruolo primario nell’egoismo di ogni persona assennata. Molte volte mi sono espresso a favore dell’autenticità delle azioni, a tratti quasi morbosamente, ma talvolta anch’io ho fallito nel tentativo di adempiere a questo mio principio. Le mie parole non hanno connotazioni dottrinali. Queste righe sono esteticamente banali, ma per me hanno un significato particolare.