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Gen

Veritas

Pubblicato martedì 9 Gennaio 2007 alle 16:10 da Francesco

Penso che l’inganno, per sua stessa natura, non possa portare frammenti di felicità, ma solo attimi di appagamento intenso e deleterio. Penso che non sia possibile né auspicabile dire la verità in ogni occasione, ma credo che un comportamento tendenzialmente sincero paghi sempre, anche se in misura apparentemente minore, rispetto a un contegno fallace. Chi mente su se stesso offre alle persone una visione distorta della propria natura psicofisica e nell’istante in cui decide di iniziare il suo inganno non può aspettarsi di essere compreso né di essere apprezzato per le sue doti reali. Trovo che l’esaltazione di sé o un’eccessiva denigrazione della propria persona siano due atteggiamenti che si equivalgono sul piano della stupidità. Penso che occorra tendere alla verità sia nelle azioni positive che in quelle negative. Adulare senza espedienti e inveire in proporzione alla propria rabbia: niente di più, niente di meno. La verità verso la quale propendo si annida nei miei gesti quotidiani e non ha assolutamente un carattere cosmogonico. Nel contegno sincero verso me stesso e verso gli altri vedo l’anello di congiunzione tra la mia personalità e la realtà. Chi mente cronicamente dimora nelle galere delle sue paure e concede al malessere di calpestare il suolo della sua intimità. La simpatia per la verità dovrebbe avere un ruolo primario nell’egoismo di ogni persona assennata. Molte volte mi sono espresso a favore dell’autenticità delle azioni, a tratti quasi morbosamente, ma talvolta anch’io ho fallito nel tentativo di adempiere a questo mio principio. Le mie parole non hanno connotazioni dottrinali. Queste righe sono esteticamente banali, ma per me hanno un significato particolare.

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