Un gruppo di condomini capeggiato da una carampana è disposto a semicerchio di fronte alla porta dell’unica abitazione del pianterreno. La vecchia che sta alla testa del gruppo incoraggia le altre persone: “Forza, adesso o mai più!”. Un omuncolo, basso, emaciato e con gli occhiali spessi, tenta di forzare la serratura della porta mentre gli altri lo guardano in silenzio e sperano che faccia velocemente. I respiri dei condomini, principalmente anime decrepite, riempiono d’attesa tutti i pianerottoli. D’un tratto l’omuncolo si ritrae dalla porta e lascia intendere alla vecchia capintesta che adesso è possibile entrare nella casa. L’anziana apre la porta e incita il resto dei condomini a seguirla. All’interno dell’appartamento si notano i segni di una profonda indigenza: ci sono macchie sulle pareti, panni puzzolenti sparsi disordinatamente sul pavimento e posate sporche sopra un tavolo di plastica. Ogni angolo della casa è avvolto da un fetore nauseabondo. La banda condominiale raggiunge una piccola camera arredata con drammi e farmaci scaduti. Nella stanza si trova un ragazzo con un aspetto terrificante: tutti i suoi arti sono stati amputati e coperti da fasciature sporche di sangue. All’improvviso un grido disperato irrompe nello squallore altrettanto disperato dell’abitazione. I condomini si voltano verso l’entrata e squadrano minacciosamente la padrona di casa. La donna, appena capisce ciò che successo, inizia a gridare e ad agitarsi mentre il giovane mutilato inizia a battere la fronte contro il pavimento. Fine.
Un deltaplano lentissimo sorvola una città velocissima, la sua sagoma triangolare attrae gli sguardi annoiati di alcuni pedoni e lascia granelli di sale sulle ferite liberticide di un uomo affacciato alla finestra del suo ufficio. Un grande serpente si snoda lungo la tangenziale per divorare il tempo degli automobilisti. I treni sembrano i giocattoli fallici di una donna in menopausa che non riesce a sillabare “orgasmo”. Qualche sogno pende dalle foglie di un salice piangente e qualche bisogno si nasconde dentro gli abiti succinti di una passeggiatrice nordafricana. Un uomo incazzato stappa energicamente un pennarello rosso e si prepara a scrivere velocemente il numero della sua ex fidanzata sopra i cessi della stazione. Due giostrai sfaticati leggono vecchie riviste e di tanto in tanto danno occhiate repentine ai propri clienti. Un uomo cammina lungo le irregolarità di un frangiflutti alla ricerca di un pertugio riparato per tentare di imitare Hemingway. Due amiche di vecchia data prendono il thè insieme in una casa del centro e tra un sorso e un sorriso osannano le incredibili doti dei figli. Da qualche parte si celebra il giorno del patrono di ‘sto cazzo e in tanti accorrono ai festeggiamenti. Nell’androne di un palazzo elegante transitano farisei e filistei in giacca e cravatta. Durante la notte le catene di montaggio piangono all’unisono e aspettano con trepidazione la mattina per asciugare le lacrime con i cartellini dei lavoratori. I morti vorrebbero un po’ di privacy per ballare in tanga e sniffare coca, ma i cimiteri sono sempre frequentati da gente viva che pensa di essere già deceduta.
Credo che per interpretare correttamente la realtà occorra andare al di là delle proprie percezioni. Il mondo non ha una morale, nonostante ogni individuo gliene affibbi una in base al proprio stato d’animo. Dal mio punto di vista il mondo è un ente amorale che offre ai suoi ospiti più fortunati la possibilità di assecondare serenamente i propri bisogni. Sembra che le mie parole provengano da visioni individualistiche, ma in realtà derivano da convinzioni al cui centro si trovano sinergie simbiotiche. Il mio pensiero soffre inevitabilmente dei condizionamenti dell’epoca in cui vivo e credo che questa sia una debolezza ineluttabile. Poiché l’individuo, come segnala l’etimologia, non può essere scisso, credo che sia destinato a unirsi ad altri individui e penso che la sua unione, che io ho sempre tinto di romanticismo umano con uno stile eterosessuale, trascenda qualsiasi dogma. Due esseri viventi che congiungono le loro vite costituiscono l’espressione più potente della libertà. L’unione a cui mi riferisco non è un coito di fortuna, ma ha della caratteristiche più complesse tra le quali ovviamente si trova anche una sessualità profonda ed esplorativa. Le mie parole sono deboli perché, come ho già precisato, sono il frutto di pensieri scialbi che soffrono dei condizionamenti della mia epoca. Mi chiedo quale forma e quale sostanza avrebbero avuto queste parole se fossi nato cento anni prima o cento anni dopo a un’altra latitudine. Mi piace l’estetica dei miei pensieri, ma sono consapevole di come il contenuto delle mie elucubrazioni potrebbe risultare obsoleto a me stesso se lo consultassi dal futuro.
Ieri sera, per la terza volta nella mia vita, mi sono inflitto una stoccata al cuore. Ahi, mi ha fatto male. Sono cose che succedono. Mi sono bastati dodici SMS per disintegrare il rapporto platonico che ho avuto con J. per un anno: scommetto che il Terzo Reich è stato sconfitto anche per permettere alle nuove generazioni di troncare i propri legami via etere. Durante la mia esistenza ho avuto tre relazioni embrionali e tutte si sono concluse con un aborto indifferente. Con il senno di poi sono contento che i miei rapporti non abbiano mai messo radici nella fisicità. Tenterò di riparare al mio disastro, ma il Super Attack non basterà. Credo che a volte non sia sufficiente ammettere i propri errori per riassestare un rapporto tra due individui. J. per me è molto importante e spero che non evapori dalla mia esistenza. Non sono un latin lover e trovo che la mia visione dei sentimenti abbia molti caratteri femminili. Mi manca un po’ di virilità e un po’ di spocchia. Quando sono da solo mi sento forte e sicuro, ma percepisco sempre la mancanza di qualcuno che mi voglia bene. Il mio cuore è puro, ma la mia mente è continuamente attraversata da pensieri torbidi. Ho un bisogno incessante di produrre e rigurgitare fantasie ambivalenti. Se l’amore entrasse nella mia vita probabilmente una parte di me morirebbe. In questi momenti di decadenza transitoria amo rivendicare la mia natura individuale e la mia finitezza. Ho due doveri verso la mia serenità: fare il possibile per evitare che J. sparisca dalla mia vita e accettare la sua perdita qualora i miei sforzi falliscano miseramente.
Alcuni tipi di discrepanze divorano il tempo degli uomini. Le trappole dei fraintendimenti e gli errori delle percezioni possono condizionare in modo irrimediabile l’aspetto gestaltico di un individuo. Credo che l’ambiente in cui ogni essere umano vive sia composto da due parti uguali: la realtà estetica e lo stato d’animo che la ricopre. Sono stato involontariamente nelle culle dell’arte, ma non sono mai riuscito a emozionarmi né sono mai stato colpito dalla sindrome di Stendhal. La mia sensibilità, in senso lato, non mi permette di apprezzare la maestria e l’ingegno di chi mi ha preceduto e credo che la mia incapacità di emozionarmi, almeno un po’, di fronte ai migliori parti culturali della mia specie rifletta il vuoto emotivo che spazia in tutti i campi della mia interiorità. Credo che l’intimità di molte persone sia formata da pareti scoscese. Eserciti di uomini liberi agognano la felicità messa in vetrina dai modelli economici e politici delle loro società. La goliardia e la spocchia mimetizzano bene le afflizioni, ma lo sguardo di una persona non mente perché non può essere sofisticato. L’insoddisfazione è palpabile, la frustrazione ne è una conseguenza palese e la noia di chi ha tutto e non riesce ad apprezzare nulla siede sul trono del malessere collettivo. L’amore viene banalizzato continuamente e la pronuncia della parola che lo rappresenta scatena tenerezza e imbarazzo, quando invece dovrebbe suscitare timore misto a riverenza. Mi aspettano alcune ore di luce senza senso. Et voilà: un po’ di musica, i soliti pensieri e le pedalate verso l’alto.
Mi trovo alle prese con emozioni estranee. Una schiera di vortici metafisici mi impedisce di scardinare le porte del regno dei cieli. Lo scetticismo guida opliti sadici verso le mie aspirazioni sentimentali. Vado incontro a pericoli illusori. Talvolta la somma di due esistenze sottrae serenità e provoca dolore, ma credo che gli effetti negativi di una relazione fallimentare siano solamente allucinazioni malcelate. Non conosco le meccaniche dell’amore, ma non penso che occorra un apprendistato dal sosia machiavellico di Cupido per imparare a mettere in conto i pericoli di una giornata di sole. Uso le parole e lo sforzo fisico per alleggerire un po’ il peso delle previsioni catastrofiche che accompagnano le ombre dei miei giorni speranzosi. Ho studiato a lungo le formule della tristezza artificiale e non lascerò che le delusioni traggano in errore la mia serenità. Mi sento pronto a varcare il confine che mi separa dalla forza che mi ha generato. Abbandonerò i miei desideri romantici se non riuscirò a concretizzarli entro alcuni anni e farò concorrenza a Maria Goretti in termini di castità. Non ho intenzione di iniziare a vivere certe emozioni a trent’anni e tanto meno avverto il bisogno di perdere la verginità solo per trascorrere un giorno anomalo. Mi sento come quando a Marty McFly, in “Ritorno Al Futuro II”, rimane poco tempo per tornare nella sua epoca a bordo della DeLorean. Se riuscirò a dare una forma tangibile ai miei desideri raggiungerò la pace dei sensi, altrimenti continuerò a scandire oziosamente il conto alla rovescia insito in ogni cosa. Credo che questa volta la mia valchiria si allontanerà e non mi porterà nel Walhalla.
Steve Smith è un batterista eccezionale e sono sempre felice di vedere la sua testa pelata all’opera. Conosco da alcuni anni le prodezze dei Vital Information grazie a mio zio e sono felice che il web offra del materiale a riguardo di questa talentuosa congrega di musicisti. Mi chiedo se nel video siano più kitsch gli occhiali di Frank Gambale o la bandana di Bill Evans. Non sono un batterista, ma devo ammettere che solo Nicko McBrian e Mike Terrana riescono a esaltarmi dietro le pelli quanto Steve Smith.
Stamane sono andato di nuovo a Magliano in bicicletta per fare una sorpresa a J. e per godermi ancora una volta la pace agreste della zona. Non sono molto bravo ad attirare le pulzelle e ho più possibilità di diventare un grande cosmonauta che un seduttore di provincia. In realtà non me ne frega un cazzo della seduzione né dei suoi risultati carnali. Stamattina ho visto uno sguardo splendido dietro due lenti nere, ma ho anche inalato un’indifferenza rarefatta. L’incontro di questa mattina mi ha ricordato la breve passeggiata che ho fatto circa un anno fa insieme a V. da via Bianciardi fino al centro di Grosseto. Sembra che tutto tenda a ripetersi all’interno del minuscolo spazio occupato dalla mia sfera affettiva: lo stesso anelito parossistico, le stesse aspirazioni eccezionali e l’immancabile spada di Damocle. Ho dei cattivi presagi e temo che J. assecondi un po’ le mie iniziative adolescenziali per compassione, ma non ho intenzione di lasciare i miei sentimenti in mano alle ipotesi negative che agiscono per conto della mia paura di essere rifiutato. Ho imparato a spezzare il mio Ego e non credo che J. possa lesionarlo permanentemente, tuttavia penso che sia capace di sferrarmi un fendente con il quale levarmi il respiro per un arco di tempo che non sono in grado di determinare. Probabilmente resterò solo ancora per parecchi decenni perché sono l’uomo giusto e le donne, per loro stessa ammissione, scelgono sempre l’uomo sbagliato. Non credo alle ultime parole che ho scritto, ma mi piacciono e non voglio che restino a prendere polvere in uno dei tanti sgabuzzini senza chiave che si trovano nella memoria a breve termine.