Fluttuo lentamente in mezzo al nulla e contengo il mio stupore di fronte all’evoluzione delle mie riflessioni vacue. Ogni tanto volgo lo sguardo verso i trofei esistenziali che ho vinto nelle corse clandestine organizzate dalle avversità e popolate prevalentemente dagli agenti patogeni del male. Ho un palmarès di tutto rispetto, ma tra le mie vittorie manca quella più importante. La mia interiorità porta con dignità gli sfregi che si è procurata nel corso degli anni e ogni giorno contempla l’ambiente in cui si trova con la stessa calma con cui un navajo osserva il crepuscolo dopo una giornata di lavoro. Al di là delle mitizzazioni e delle metafore si trova la mia voglia di pisciare in bocca a ogni ente che sbarra il mio percorso atipico. La mia mente proietta fantasie più irregolari dei maghrebini senza permesso di soggiorno e fotte con durezza le aspettative negative che battono lungo i sentieri ingannevoli della realtà. Ogni giorno rammento la forza e la ridicolaggine della mia individualità. Non soffro troppo per il peso della mia apparente inutilità esistenziale e non mi trovo eccessivamente male nel ruolo del nullafacente, ma ciò a cui aspiro non si trova nel vuoto stagnante che ho eletto a mio eremo né all’interno del perimetro delimitato dai paletti delle mie inesperienze affettive. Osservo il crinale del futuro dalla torre delle mie percezioni e non mi aspetto nulla di buono dagli ambasciatori dell’avvenire. Continuo a contagiare queste pagine virtuali con il disordine dei miei soliti concetti e attendo che qualcosa di nuovo si muova all’improvviso.
Ho iniziato a notare il fiorire dei primi addobbi natalizi lungo le strade della mia stupenda cittadina. Le vetrine dei negozi sono in festa e le luci si sono già accomodate ai propri posti. Penso che non manchi nulla per dare inizio all’annuale fiera del consumismo e dello stupore bambinesco. Il giorno di Natale andrò a fare un lungo giro in bicicletta con i miei pensieri e credo che a Capodanno mi guarderò qualche puntata di Ken Il Guerriero. Tre anni fa, se non ricordo male, ho trascorso l’ultimo dell’anno con Bogdan. Mentre tutti festeggiavano noi, come due vecchi stronzi, imprecavamo scherzosamente: lui in rumeno, io in italiano. Bogdan mi ha telefonato qualche settimana fa e mi ha raccontato le sue traversie in quel di Bacau. I suoi genitori sono ancora in Italia, lui ha poco denaro e molti problemi con la sua fidanzata. Mi ha invitato molte volte in Romania con l’obiettivo di accollarmi la sorella della sua ragazza ed estorcermi qualche euro, ma io ho sempre rifiutato di raggiungere le pendici dei Carpazi per farmi gabbare dai suoi inganni extracomunitari. Lui sa che conosco le sue cattive intenzioni e, paradossalmente, credo che su questa consapevolezza si basi il nostro rispetto reciproco. Probabilmente non vedrò più Bogdan per il resto della mia vita, ma auguro un po’ di fortuna a quella testa di cazzo rumena e spero che possa comprarsi una Mercedes al più presto per appagare uno dei suoi più grandi desideri materiali.
Mi trovo nel ventre di un’altra notte senza sonno. I miei desideri hanno assunto un’identità segreta e si sono dati alla fuga, ma non ho paura perché so che presto ritroverò quei fuggiaschi bastardi. Una delle mie riflessioni cupe riavvolge una bobina macabra mentre le tre teste di un gatto anomalo mi sbeffeggiano all’unisono. Ho le idee confuse e le mani un po’ fredde. Ho voglia di sborrare sopra le incertezze transitorie di questi giorni malevoli e per ispirare la mia masturbazione osservo con lascivia l’erotismo distaccato di un’immagine digitale che ritrae una modella sconosciuta. Mi piacerebbe stampare le immagini pornografiche a cui sono più affezionato per invitarle a cena e ringraziarle per tutti i momenti felici che mi hanno regalato. La mia sessualità è un regno autarchico che nasconde alcuni segreti della mia personalità. Nel mio stomaco giace un cofanetto nel quale, prima della mia nascita, sono stati riposti dei papiri che custodiscono le spiegazioni di alcuni parti del mio carattere e una stronza speciale, che forse non ho ancora conosciuto, porta al collo la chiave per aprirlo. Non ho battaglie epiche da combattere e non vivo in funzione del mito dell’immortalità. Non ho impegni urgenti, non ci sono telefonate perse sul mio cellulare e non occupo abusivamente i pensieri di qualche pin-up. I miei ormoni indossano squallide magliette rosse sulle quali campeggia la faccia stilizzata di Che Guevara e inneggiano alla rivoluzione per spodestare la mia mano sinistra dal trono della mia sessualità, ma le loro pulsioni adolescenziali hanno poco efficacia e, tra una manganellata e l’altra, ricordo a questi sanculotti organici che la mia mano sinistra abdicherà solo in favore dell’amore.
Mi sono alzato alle quattro di pomeriggio e fino alle sette di sera sono stato con mio zio. Abbiamo cercato qualche chitarrista da ascoltare e come al solito siamo finiti nei campi della fusion. La mia stanza è avvolta da una luce fioca e dal suono di Keiko Matsui, mentre il resto della casa è sconvolto dal buio e dal silenzio. Le mie giornate si sono accorciate. Da alcuni giorni dormo più del solito e ne sono felice. Durante le ultime settimane, tra biciclettate, partite di calcetto e camminate, ho consumato molte energie e per ora ho deciso di rallentare un po’ il ritmo dei miei sforzi fisici e di riposare più del solito. Sono un po’ svogliato e in questo momento per essere sereno devo assecondare ogni aspetto della mia pigrizia. Circa una settimana fa sono andato alla ASL per fare il certificato medico di cui ho bisogno per iscrivermi nuovamente a scuola guida e sono stato accolto per la terza volta dallo stesso dottore. Per l’occasione avevo comprato due marche da bollo, ma per il certificato medico ne occorre una sola e appena il dottore me lo ha fatto notare gli ho detto: “Va bene, l’altra la userò la prossima volta”. La mia battuta è stata un po’ infelice e mi auguro, per l’integrità dei miei coglioni, che tra qualche mese non assuma sembianze profetiche. Non ho ancora mangiato e tra poco provvederò a placare i morsi della fame. Ho un po’ di pizza fredda che mi attende in cucina accanto ad alcune centinaia di millilitri vitaminici.
Quando fuori piove e sono costretto a rimanere da solo nel tepore casalingo, visito eBay e trascorro dozzine di minuti a leggere le imprecazioni degli utenti truffati. Molti raggiri sono made in China, ma ho notato che anche gli italiani si adoperano per tenere alto il cattivo nome del tricolore. Penso che non sia simpatico sollazzarsi con le disgrazie altrui, ma di fronte a certe vicissitudini non posso fare a meno di ridere sguaiatamente. Forse un internauta prima di iscriversi a eBay dovrebbe iscriversi a giurisprudenza. Ho fatto qualche acquisto sul sito di aste succitato e, tranne una volta, non ho mai incontrato grossi problemi. Che bello il boom di Internet. Ognuno ha il suo spazio e le sue icone del cazzo tutte colorate. Ogni volta che penso a tutto il tempo che ho trascorso online provo un retrogusto amaro. Mi sono connesso per la prima volta circa nove anni fa e non mi immaginavo che in meno di due lustri il TCP/IP sarebbe diventato un protocollo esistenziale per alcuni esseri umani. Ricordo gli inutili allarmismi per il Millenium Bug e l’ignoranza di chi stigmatizzava Internet perché credeva che qualche 486 collegato al nodo di Ascoli Piceno potesse veicolare Satana! Credo che Internet abbia dato un senso all’esistenza di alcune persone e in particolare mi riferisco a quei fanatici che ogni giorno stappano lattine di Fanta per festeggiare l’aggiornamento del kernel del loro sistema operativo preferito e poi si spostano come gitani tra Usenet e vari forum per sostenere la propria fede a codice aperto. Ho scritto queste righe per farmi una risata da ex nerd e non ce l’ho affatto con chi ha trovato il nirvana tra i pacchetti dell’installazione personalizzata di Debian.
La masturbazione mi ha sempre aiutato a contenere lo stress. C’è una fantasia ricorrente che uso per farmi le seghe. Premetto che la mia immaginazione erotica tende a produrre situazioni nelle quali non mi cimenterei mai nella realtà. Spesso immagino di fottere una quarantenne insoddisfatta, una donna un po’ flaccida con una vita tranquilla. Immagino incontri serali con lei nella sua casa di periferia. Mi vedo di fronte alla sua porta. Io busso con nonchalance, lei apre velocemente e mi accoglie con addosso una guepiere che stride con le fattezze un po’ cadenti del suo corpo da nubile disinibita. Credo che l’apogeo erotico di questa mia fantasia si trovi nel desiderio della donna di possedere la mia giovinezza per rivere il suo passato da ragazza. Penso che un altro cardine erotico di questa fantasia si trovi nella differenza di età: questa caratteristica non ha a che fare con la gerontofilia, ma con la necessità di includere nella mia fantasia due date di nascita che alludano a un rapporto incestuoso tra madre e figlio. Nelle mie parole c’è un evidente riferimento al complesso di Edipo che ho incontrato molte volte nell’approfondimento puramente teorico della mia sessualità. Come ho già scritto non metterei mai in atto le mie fantasie. La mia visione dell’amore mi impedisce di essere un semplice oggetto sessuale o di accostarmi a una mia simile per usarla come un mero strumento di piacere. Inoltre le mie fantasie perderebbero la loro efficacia se le convertissi in situazioni reali. A volte penso come l’apparato onirico della mia sessualità potrebbe rivoluzionarsi se perdessi la verginità.
In queste ore torbide i miei pensieri non possono fare a meno di struggersi per l’amarezza della mia ultima delusione, ma io cerco di non badare al loro baccano malinconico. Addomestico la frustrazione con qualche passatempo elettronico e ogni tanto alzo la testa per assicurarmi di non essere morto. Il malessere tenta di affibbiarmi preoccupazioni, angosce e molte altre mercanzie stronze che vanno a ruba tra chi è in partenza per il ducato della mestizia. Non ascolto canzonette deprimenti né mi considero un ragazzo sfortunato. Non è raro che i miei occhi e le mie orecchie colgano i lamenti esistenziali di chi pensa di avere la tristezza in esclusiva e ogni volta che assisto a questo spettacolo pietoso mi riprometto di non portarlo mai in scena. Non sono una persona insensibile e non provo a mascherare il mio dolore per evitare che il mio orgoglio del cazzo vada in frantumi per l’ennesima volta, ma cerco di dare una dimensione giusta alle sensazioni negative di questi giorni. Per me non è stato piacevole vedere il crollo improvviso di un rapporto platonico di nove mesi, ma ho il sospetto che nel mondo succedano cose peggiori. Cosa prova una giovane sposa a cui è stato diagnosticato un cancro? Come si sente un uomo a cui è stata erroneamente negata la libertà? Quali sono i tormenti che corrodono chi sa di avere il morbo di Alzheimer al primo stadio? Quanto coraggio serve a un uomo solo per guardare la lapide dell’unica persona che sapeva ascoltarlo? Quanti yen vale la solitudine ripetitiva di un individuo che non ha grandi qualità? Le sensazioni che provo da alcuni giorni a questa parte sono intrise di dolore, ma fanno sorridere al cospetto dei veri drammi che compongono la grande piramide della sofferenza umana. Non penso che ci sia altro da aggiungere, vero Francesco?
Il tempo ha iniziato a curarmi con la stessa dedizione di una perpetua. Sono triste e abbattuto, ma credo che il mio attuale stato di sconforto sia un passaggio obbligatorio per riabilitare correttamente il mio cuore. Alle medicazioni del tempo ho affiancato i miei soliti escamotage: lo sforzo fisico, le docce calde, la consueta masturbazione e un po’ di cioccolata bianca. Sono in equilibrio sopra la vita nonostante la prostrazione psichica tenti di farmi cadere nel Tartaro. Non ho nessuno a cui appoggiarmi e ne sono felice perché credo che certe situazioni vadano affrontate e superate da soli. Non mi sono mai state di grande aiuto le parole di conforto e ho sempre trovato disdicevole la “comprensione” altrui. Ultimamente ho raccolto solo ed esclusivamente motivi validi per deprimermi, ma non è mia intenzione piangermi addosso più di quanto ne abbia bisogno per assecondare la terapia del tempo. Sono consapevole della patologia che ammorba la mia interiorità e sono felice di non intralciarne la guarigione. Se fossi in grado di sdoppiarmi incontrerei me stesso al tavolo di un bar parigino e chiederei carta e penna per scrivermi quanto segue: “Francesco, amico mio, ci siamo imbarcati per l’ennesima volta e, per l’ennesima volta, siamo naufragati in un mare di merda. Fra’ non stiamo diventando troppo vecchi per queste cose?”. Tra un po’ andrò a farmi un giro in bicicletta e quando tornerò mi farò un’allegra sega sotto l’acqua bollente della mia doccia. I prossimi giorni passeranno molto lentamente, ma attenderò con pazienza il ritorno del moto di rotazione della Terra alla sua velocità standard.
Il mio rapporto con J. si è deteriorato in silenzio e credo che oggi abbia lasciato per sempre questo mondo. Sono pervaso da un po’ di spleen e come al solito attendo che il tempo curi il mio stato d’animo. Per tre volte nella mia vita ho espresso i miei sentimenti più profondi e ogni volta ho preso batoste esagerate, ma non me ne pento affatto. Credo che l’annullamento delle proprie difese per manifestare i propri sentimenti sia un rischio da correre. È troppo facile pretendere che siano sempre gli altri a farsi avanti. Non si può puntare il dito contro un mondo che non si ha il coraggio di affrontare. Può sembrare paradossale, ma sono felice della mia collezione di delusioni perché è la prova della mia volontà di vivere. Molti prima di me hanno affrontato le stesse vicissitudini e dalle loro sventure ho imparato a non commettere gli errori che hanno condizionato le loro esistenze. Non basta pensare di essere persone positive e sincere per sfondare a calci le porte dell’amore. Sono abbastanza forte da fare affidamento solo su me stesso e in questi momenti bui vorrei soffrire un po’ di più. La realtà si burla delle mie convinzioni sentimentali, ma è proprio nei momenti più difficili che le mie idee romantiche mostrano tutta la loro forza. Alcuni credono che io sia ingenuo, ma io non la penso allo stesso modo. Non incolpo nessuno dei miei fallimenti sentimentali, nemmeno me stesso, e auguro secoli di prosperità a chi ha transitato sulla parte più profonda della mia interiorità. Mi attendono ancora anni di seghe e sogni proibiti, ma sono sempre in corsa per la più sublime forma di felicità a cui possono ambire i mortali come me.
Questo video è l’ennesima dimostrazione della grande quantità di tempo che ho a disposizione. Mi considero un giocoliere e non un giocatore. Non ho mai fatto parte di una squadra di calcio e spesso mi sono cimentato da solo in questo sport per squadre così diffuso nel Vecchio Continente. La canzone che accompagna il video è “Trop De Choses A Dire” degli Assassin.