L’ultimo giorno del duemilasei dopo Cristo è incominciato da alcune ore. Ho trascorso dodici mesi difficili durante i quali ho collezionato un discreto numero di fallimenti, ma tra un insuccesso e l’altro ho trovato il tempo di vivere qualche momento piacevole in compagnia di me stesso. Quest’anno ho subito molte batoste morali dalle quali ho tratto insegnamento: il mio carattere si è rinforzato senza indurirsi e alcune brutture della mia personalità hanno cessato di esistere. Non ho impegni per stasera. Cazzo, ieri ho congedato le mie ultime paranoie e adesso non posso più optare per un capodanno all’insegna di riflessioni cupe e stupide. In questo mese di merda ho incontrato persone che non vedevo da molto tempo e mi ha fatto piacere scambiare nuovamente qualche parola con costoro. Ho iniziato a registrare alcune cose per un demo personale che inserirò prossimamente su queste pagine. Il “lavoro” in questione si chiamerà “Prima Di Partire Per Il Giappone” e sarà composto da tre o quattro tracce. Non sono un ingegnere del suono, non sono un musicista, l’equalizzazione per me è un’utopia e la mia cameretta non assomiglia nemmeno vagamente a uno studio di registrazione della Motown Records. Non ho intenzione di avventurarmi nell’underground musicale né di inquinare Internet con l’ennesimo aborto sonoro. Ho voglia di giocare con la voce su alcune basi hip hop che ho scelto meticolosamente. Mi vedo come un bambino che tocca le corde della chitarra del padre jazzista e si meraviglia della cacofonia che riesce a produrre con i suoi tocchi casuali.
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