Era una giornata fredda e lui si trovava nella sua grande casa a fantasticare sul futuro. Per le strade c’era solo qualche anziano che come lui teneva a braccetto la solitudine natalizia. Le nuvole erano le solite e nessuno ci faceva caso. Era un ateo, un miscredente, un bestemmiatore, ma desiderava ardentemente il calore umano che gli era sempre mancato. Per ingannare il tempo di quell’ennesimo giorno desolato si era messo a scrivere un breve racconto in terza persona e, tra una parola scritta e un pensiero fulminante, dondolava lo sguardo da una parte all’altra della sua stanza silenziosa. Udiva la quieta allegria dei vicini e quelle voci pacatamente festose lo costringevano ad abbassare lo sguardo verso il suo vuoto. Credeva che qualcuno gli avesse sottratto la sua quota di felicità, ma in cuor suo riconosceva gli sbagli che aveva commesso e con i quali fino a quel momento si era condannato a vivere un’esistenza cinica, e sapeva perfettamente che solo la sua volontà gli avrebbe consentito di divellere le radici della tristezza. Cercava continuamente coraggio nei pertugi della sua intimità per affrontare gli innumerevoli spettri che popolavano le sue stagioni sterili. Non c’era nessuno che lo affiancasse nella cavalcata verso un nuovo scontro con se stesso. Si era abituato a non condividere il peso delle proprie sventure e portava il suo fardello con inutile dignità, ma sapeva di non essere l’unico uomo a battagliare per la propria rivincita. Era nato sconfitto come molti dei suoi simili, ma non aveva intenzione di vegetare in un destino che aveva la forma di una carcassa concava. Questi pensieri lirici aleggiavano nella sua mente da molto tempo ed emergevano fragorosamente ogni volta che si sentiva oppresso. Quella vigilia non lo riguardava e per lui non rappresentava nemmeno un banco di prova, ma spesso si era auspicato di trascorrerla laicamente nelle spire di un abbraccio trascendentale.
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