Tra qualche anno riderò della mia forma attuale e forse proverò un po’ di imbarazzo nostalgico per la mia età. Francesco: stupido, borioso ed eccessivamente individualista. Conosco alcuni dei miei difetti e cerco di correggerli con un impegno di intensità variabile, ma non posso fare nulla per le pecche che il mio occhio clinico non riesce a cogliere. Si impiegano nove mesi per nascere e dodici all’anno per studiare come vivere. Sono felice del lungo lavoro di introspezione che ho incominciato circa dieci mesi fa su queste pagine e sono altrettanto contento della costanza con la quale lo porto avanti giorno dopo giorno nei miei attimi di quiete. Continuo a chiedermi quali segreti nascondano le mutue sensazioni di cui non so nulla, ma i miei quesiti provengono da un’attrazione naturale e non sono il frutto degli assilli della mia interiorità né pendono dalle ansie che talvolta accompagnano l’indifferente avanzata del tempo. Ogni tanto si verificano delle brevi schermaglie tra me e alcune sensazioni parossistiche, ma sono le ultime lotte di una guerriglia adolescenziale che non ha lasciato vincitori né vinti. Uso un’autoironia cattiva come terapia d’urto contro la ridicola propensione a prendermi sul serio e la mia è una presa di coscienza che non ha a che fare con l’umiltà né con la modestia che talvolta rappresentano una masturbazione intellettuale. In queste righe ho accennato concetti che ho espresso altre volte e come altre volte sottolineo l’insistenza con la quale tendo a ripetermi per incidere sulla mia coscienza.
Il consueto cardine della mia introspezione
Pubblicato sabato 11 Novembre 2006 alle 20:50 da FrancescoIeri pomeriggio due membri dei Testimoni di Geova hanno suonato alla mia porta per evangelizzarmi e non ho potuto ritrarmi dalla tentazione di schernire il loro modus operandi, tuttavia ho portato avanti la mia breve opera di derisone teologica senza l’ausilio della blasfemia che mi è tanto cara. Dopo il breve scambio di battute con i due scagnozzi di Yahweh ho pensato approssimativamente al passaggio di uno scritto che ho letto un po’ di tempo fa riguardo a Feuerbach: “Ogni religione è una forma inconsapevole di alienazione attraverso cui l’uomo crea dal nulla l’idea di una divinità perfetta, per poi sottomettersi a essa nell’illusione di risolvere così gli ineliminabili conflitti della condizione umana”. Mi infastidisce il reato di citazione, ma credo a volte vada commesso. Mi rivedo nel superuomo nietzschiano che affronta la morte di Dio e allo stesso tempo mi trovo in disaccordo con molte peculiarità del nichilismo. La mia conoscenza della filosofia non è molto ampia, non ho mai trascorso le mie giornate in mezzo alle bibliografie dei celebri pensatori del passato e tanto meno mi sono dedicato alla lettura della gnoseologia contemporanea, ma la dimensione ristretta del mio bagaglio filosofico mi lascia scorgere sofismi enormi in ogni giudizio umano e alimenta il mio disinteresse nei confronti del gioco dialettico con il quale i miei simili affrontano questioni materiali e ultramondane. La fede, che qualcuno scrive con la effe maiuscola, non necessita di prove altrimenti non sarebbe tale e allora mi chiedo come mai personaggi buffi come i Testimoni di Geova adducano prove sommarie per il loro processo di evangelizzazione. Se ‘sta cazzo di fede ha un’origine divina credo che sia un po’ pretenzioso da parte di certi proselitisti considerarsi in grado di intercedere per il dio di turno, ma forse costoro oltre ad avere una grande fede celestiale possiedono una fede altrettanto forte nelle loro capacità. Spero che un dio qualunque perdoni le mie eresie e non mi condanni a confezionare cioccolata con le marmotte che lo circondano. Amen e shalom.
A volte capita che gli odori rurali di un frantoio scavalchino la mia finestra e si dispongano disordinatamente nel mio olfatto. Quando sono sereno distendo le braccia e le gambe per spezzare le catene del torpore. Mi piace muovere la mascella per sbadigliare spontaneamente, ma non amo gli sbadigli che cadono dalle fronde della noia. Ultimamente bevo acqua e digiuno un po’ per giocare con la mia volontà, ma per adesso nella mia vita non c’è nulla che riesca a rallegrarmi più di un pasto gustoso. Le mie parole mi trascinano nelle vesti immaginarie di un soldato della prima guerra mondiale che corre lungo una trincea per azzannare il rancio e non per innalzare il campanilismo della propaganda militare. Spiriti malevoli cannoneggiano le mie sponde, ma tra una sega e l’altra prendo le cartucce dalla giberna e sparo con il moschetto al di sotto del mio kepì. Spesso tento di rappresentare alcuni stralci della mia esistenza con l’iconografia bellica del ventesimo secolo. Non sono un guerrafondaio né un pacifista, ma mi piacciono gli aneddoti che riguardano i due conflitti mondiali e la guerra del Vietnam. Ho voglia di comprarmi la replica di un elmetto tedesco e un MP40 ad aria compressa, ma non ho intenzione di cambiare il mio nome in Hans né di ascoltare i discorsi di un novello fuhrer in una vecchia birreria con tavoli di legno. Mi piacerebbe marciare in zone di guerra con reduci decisi a non arrendersi alla loro veneranda età, ma immagino soste interminabili per assecondare le richieste prostatiche dei miei commilitoni.
Dall’esito di certe vite può sembrare che ogni uomo prima di nascere venga condannato in contumacia al proprio destino da un tribunale demiurgico. Non sono un fatalista e credo che il libero arbitrio sia l’arma più potente a disposizione della felicità umana. Alcuni individui mettono in atto ricerche lunghissime per trovare giustificazioni convincenti con le quali lenire le loro esistenze e trovo che ogni loro sforzo in questo senso sia tanto buffo quanto inquietante. Tallono il futuro senza troppe speranze e dirotto brevi sorrisi verso la possibilità che esista un passato precedente al passato che si trova dietro al presente. In certi luoghi e in certi tempi si può stare bene con un basco in testa e un fucile tra le mani. In questo momento vorrei conoscere la storia di chi azzarda passi solitari lungo scogliere immerse in acque freddissime. I fuochi accesi nei camini sospingono atomi nostalgici attraverso i miei condotti sanguigni e producono effetti sgradevoli per il mio umore. Una sensazione di déjà-vu accompagna le mie serate e lascia briciole di noia sopra il pavimento della mia stanza. L’unica forma di attrazione che provo è quella verso il centro della Terra e un po’ mi dispiace. Ho bisogno di coltivare dei desideri per dare un po’ di brio alla mia esistenza, ma per adesso non ne ho nemmeno uno che possa germogliare nel reticolo della realtà. Ogni giorno mi potenzio e lascio che pezzi di malessere scivolino addosso alla mia indifferenza. I tentacoli di un’angoscia ingiustificata provano inutilmente a frenare il mio slancio vitale. C’è una constatazione veritiera che devo fare per me stesso: ho ventidue anni e sono nel mezzo di una fase di transizione.
Due sere fa sono uscito per correre mezzora attraverso il buio novembrino, ma la luce plenilunare mi ha teso un agguato e non ha esitato ad abbronzare alcuni dei miei pensieri. Il mio esame di guida è stato rimandato a causa di una vertenza degli esaminatori. A me piacerebbe demolire la motorizzazione di Grosseto a colpi di Stinger. Le mie velleità distruttrici nascono e muoiono nell’arco di pochi minuti a discapito delle tasche dei trafficanti di armi. Sto abbastanza bene e mi diverto moderatamente con le mie solite attività. In questo periodo dell’anno le giornate imbruniscono velocemente e mi sembra che puntualmente una forza invisibile acceleri la cavalcata di ogni cosa verso la propria fine. Uso spunti fruibili per cibare la mia immaginazione e prevedo di trascorrere molti altri inverni senza che il calore umano irrompa nella mia esistenza per sostituire il riscaldamento a gasolio. Tollero abbastanza bene il freddo e sono trascorsi parecchi anni dall’ultima volta che ho indossato un cappotto. Per masturbarmi preferisco i profumi primaverili e le temperature estive, ma riconosco all’autunno e all’inverno delle qualità ineffabili. Credo che i ragionamenti basati sulle quattro stagioni vadano bene per un pizzaiolo non interessato all’innovazione culinaria e non penso che siano adatti per interpretare la ciclicità mutevole del tempo. Mi cadono piccoli ossimori dalle dita che si perdono in mezzo alla quotidianità delle mie parole. Non ho novità rilevanti da mettere per scritto e forse è un bene che io oda la solita sinfonia.
Alcuni mesi fa ho conosciuto Keiko Matsui e sono rimasto estasiato dalla sua commistione di influenze musicali che caratterizza il suo sound fusion. Ho ascoltato fino allo sfinimento “Dream Walk”, un suo album del 1996. Questo pezzo, “Foot Steps”, è una delle tante gemme prettamente strumentali che si possono ricavare dalla discografia di questa artista nipponica.
Esistono ragazze carine per modo di dire e troie per il modo di fare. La mia definizione di zoccola differisce dall’immaginario comune: per me una donna non è una bagascia in base alla costanza con la quale mostra la sua espansività sessuale. Penso che una donna possa conseguire il titolo di baldracca solo ed esclusivamente con un atteggiamento menzognero e doppiogiochista degno di un’aspirante imitatrice di Mata Hari. Le mie parole possono sembrare maschiliste, ma in realtà sostengono una semplice invettiva contro quella parte del genere femminile che riduce uomini vaccinati in condizioni morbose. Nel mio breve discorso del cazzo è possibile trovare un errore di forma dal quale ricavare conclusioni errate. Ovviamente i comportamenti scorretti attraversano entrambi i sessi, ma ho impostato le mie parole da un punto di vista eterosessuale ed è per questo motivo che non ho accennato alla delittuosità maschile. Mi ritengo fortunato per non aver vissuto le traversie sentimentali della stragrande maggioranza dei miei coetanei e ringrazio ancora una volta la natura per avermi donato una mano sinistra così dolce e veloce. La voglia di allagare passere giovani porta alcuni disgraziati sull’orlo del precipizio. Sono contento che i miei ormoni siano una tribù pacifica che venera Onan. I rapporti tra le persone sono molto complessi quando le coscienze coinvolte aprono gli occhi. Voglio ringraziare le schiere di depressi che mi hanno chiarito involontariamente alcuni aspetti erronei dei legami sentimentali. Talvolta un individuo che fallisce completamente in una disciplina apparentemente priva di nome può diventare un maestro venerabile che dispensa insegnamenti a sua insaputa.
Dei giovinastri intraprendenti si armano per tentare la scalata verso un mondo illusorio, ma molti di loro finiranno a guardare le ombre di una cella o parcheggeranno il loro corpo senza vita sopra un marciapiede ricoperto da mozziconi. Alcuni primogeniti delle caste più alte guidano automobili di grossa cilindrata e trasportano ragazzine procaci che portano al collo pendenti rivolti verso i loro seni siliconati. Credo che una società patriarcale comandata dall’erotismo femminile sia una gag antropologica. Sono un estraneo che ogni giorno rinnova il suo passaporto da apolide per evitare di sentirsi parte di qualcosa che non gli appartiene. Non manco mai di accondiscendenza verso i lati grotteschi ed estremizzati proposti dallo spettacolo umano formato da miliardi di comparse sostituibili, ma sono stufo di essere uno spettatore scoglionato. Le strade che portano a calcare il palcoscenico della propria vita sono infinite come le vie del Signore, peccato che il mio atto di apostasia e la mia repulsione nei confronti dei guinzagli puerili mi facciano riconoscere solamente l’Egregio Signore di ‘sto cazzo che firma documenti forensi e, nonostante le laute ricompense, non riesce a compiere miracoli nemmeno per se stesso (cfr. erezione). Ieri sera ho visto “Il Commissario di Ferro”, ma non ho voglia di commentarlo dettagliatamente perché ha deluso le mie prime aspettative verso il genere poliziottesco (e non poliziesco) da cui mi aspettavo qualcosa in più.
Il disordine di una stigmatizzazione indefinita
Pubblicato sabato 4 Novembre 2006 alle 16:29 da FrancescoMi infastidiscono le frasi fatte da terzi e usate per secondi fini dai soliti stronzi di prima classe. Mi chiedo come faccia un tetraplegico a svegliarsi con il piede giusto. Per le feste si usano gli addobbi: un fiocco azzurro come a Cogne e un fiocco nero, come a Cogne. Ogni tanto la fidanzata di un figlio primeggia nelle perversioni erotiche di un padre alla soglia dell’andropausa. Mucchi di ossa in preda all’osteoporosi aprono persiane di legno e siedono sopra il livello del mare per contemplare il mondo con prospettive anacronistiche. La cultura si diffonde come può e tanti sofisti dilettanti affinano la capacità di mentire a loro stessi: evviva l’alfabetizzazione! Preferisco le bestemmie spontanee di Massimo Ceccherini (o di chi ne fa le veci) alle poesie di Pablo Neruda. Mi sento ridicolo ogni volta che mi impegno per formulare un’opinione. A me non importa nulla di quello che scrivo e mi limito a usare le parole per erigere frasi semplici con la stessa passione per l’architettura di un bambino che gioca con le costruzioni. La mia forza risiede nelle mie seghe. La masturbazione ricorre spesso nei miei orgasmi semantici e ormai ci ho fatto la mano. Ogni tanto mi lascio andare a doppi sensi banalissimi che mi fanno sorridere immediatamente. In televisione ci sono tante vallette che sanno usare la bocca meglio dei truffatori, ma forse si tratta solo di un luogo comune. Se in questo momento avessi un sombrero in testa lo abbasserei fino al naso e lascerei all’ultimo segno di interpunzione il compito di chiudere la chiusa.
Le ambasciate bruciano mentre lunghi cortei di rabbia scellerata intonano versi idrofobi verso cieli cupi. I giacimenti degli imperatori neri vanno a fuoco in mezzo alle sabbie assolate e da quelle stesse sabbie decollano stormi di nubi tossiche che attanagliano le metropoli di tutto il mondo. Fitte piogge di meteoriti deformano le zone rurali del Caucaso e innescano grandi movimenti migratori che uomini avvolti da bandiere diverse tentano di rallentare con mortai e pallottole all’uranio impoverito. I neonati dormono nelle incubatrici e non si accorgono di nulla, e nemmeno i neonati intrappolati sotto le macerie mostrano interesse verso il movimento caotico della società umana. Una dune buggy guidata da sciacalli senza scrupoli lascia le tracce dei suoi pneumatici sopra strade strette e sotto ponti pericolanti. Esplosioni magnifiche si susseguono sulle catene montuose e provocano rumori terribili che percorrono traiettorie diagonali assieme a valanghe abnormi. Le telecomunicazioni non funzionano e nulla può domare la popolazione terrestre che sembra non essere mai paga di violenza. L’età dell’oro non è mai stata così lontana. In una provincia fiamminga, come nel resto del mondo, le antenne paraboliche giacciono in mezzo alla polvere accanto ai resti di alcuni antichi monumenti. In un vecchio studio televisivo si trova una telecamera spenta, ovvero una reliquia dell’epoca in cui la civiltà umana aveva occhi per ipnotizzarsi.