A volte capita che gli odori rurali di un frantoio scavalchino la mia finestra e si dispongano disordinatamente nel mio olfatto. Quando sono sereno distendo le braccia e le gambe per spezzare le catene del torpore. Mi piace muovere la mascella per sbadigliare spontaneamente, ma non amo gli sbadigli che cadono dalle fronde della noia. Ultimamente bevo acqua e digiuno un po’ per giocare con la mia volontà, ma per adesso nella mia vita non c’è nulla che riesca a rallegrarmi più di un pasto gustoso. Le mie parole mi trascinano nelle vesti immaginarie di un soldato della prima guerra mondiale che corre lungo una trincea per azzannare il rancio e non per innalzare il campanilismo della propaganda militare. Spiriti malevoli cannoneggiano le mie sponde, ma tra una sega e l’altra prendo le cartucce dalla giberna e sparo con il moschetto al di sotto del mio kepì. Spesso tento di rappresentare alcuni stralci della mia esistenza con l’iconografia bellica del ventesimo secolo. Non sono un guerrafondaio né un pacifista, ma mi piacciono gli aneddoti che riguardano i due conflitti mondiali e la guerra del Vietnam. Ho voglia di comprarmi la replica di un elmetto tedesco e un MP40 ad aria compressa, ma non ho intenzione di cambiare il mio nome in Hans né di ascoltare i discorsi di un novello fuhrer in una vecchia birreria con tavoli di legno. Mi piacerebbe marciare in zone di guerra con reduci decisi a non arrendersi alla loro veneranda età, ma immagino soste interminabili per assecondare le richieste prostatiche dei miei commilitoni.
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