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Rapporto divagato

Inizio ad avvertire i primi movimenti dell’autunno. Ho tanto tempo da spendere e ho intenzione di sperperarlo con la stessa foga di una squinzia in via Montenapoleone. Nelle mie viscere, sotto gli sguardi imperturbabili delle ventiquattrore quotidiane, continua la tradizionale lotta tra la serenità e il vuoto esistenziale. La mia età è una burla e i cambiamenti di umore sono il suo frutto. Voglio diventare un interprete della realtà per fertilizzare il mio Eden con grandi tocchi di merda sorridente. Non valgo molto come giardiniere, ma sono in grado di cacare con estrema finezza. Devo ricordarmi di comprare un po’ di vernice per disegnare sopra una parete qualsiasi il punto deputato ad accogliere le mie prossime craniate. Ogni tanto appoggio la testa sopra al tavolino come se fossi sulla via della cirrosi epatica e lascio che un po’ di soul mi deprima. C’è di tutto nel mio cranio: ansie che corrono con le accette in mano, lampioni a gas che generano chiarori torpidi, esplosioni solari che illuminano i miei passi più fortunati e illusioni attaccate sopra pareti di ametiste. Ci sono centinaia di meccanismi incastonati nel mio cerebro ed è un peccato che io debba ancora apprendere il loro funzionamento. Ho poche idee e ancor meno spunti per realizzarle. A volte il mio entusiasmo insorge contro la visione erronea della realtà, ma non è ancora organizzato a sufficienza per avere la meglio sui difetti armati delle mie percezioni. Per adesso sono da solo in un avamposto poco importante e osservando con attenzione ogni punto cardinale non riesco a scorgere alleati né nemici; si tratta di abile mimetismo o di pura desolazione? Attendo le scorte di risposte e non le risposte di scorta. Punto il Mauser Gewehr verso l’orizzonte e fingo di sparare addosso al nulla.

Francesco

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