Mi appresto a sfruttare l’ultima possibilità che ho a disposizione per prendere ‘sta cazzo di patente. Credo che un bambino dell’Uganda appena saltato su una mina abbia più possibilità del sottoscritto di superare l’esame di pratica. Se fossi una vittima di qualche religione almeno potrei sperare in un intervento divino, ma il mio unico contatto con il “sacro” è costituito da bestemmie enciclopediche. Anch’io voglio la possibilità di schiantarmi legalmente a centoquaranta chilometri contro un muro, di subire multe ingiuste e di insultare pesantemente la madre di chi compie manovre avventate. Io alla guida sono una contraddizione in termini, ma penso di essere in buona compagnia sulle strade peninsulari. Sono trascorsi dieci mesi da quando ho avuto la malsana idea di iscrivermi a scuola guida e sto iniziando a rimpiangere il fatto di non essere il figlio di un camorrista. Sto ascoltando Curtis Mayfield e mi sto domandando quale disco accompagnerà il mio primo frontale. A parte le cazzate, potrei mettermi in affari con un allibratore clandestino per accettare scommesse sulla mia vita: “Riuscirà il nostro masturbatore a prendere la patente prima di dare il suo primo bacio?”. A volte la vita pone grandi interrogativi. Il mio nuovo istruttore ha il dono di non essere impossessato da forze oscure e credo che non sia poco. È un peccato che il mercato dei diplomi e delle patenti non sia legalizzato. Di questo passo riuscirò a guidare in tempo per il giudizio universale. Immagino che nessuno nasca con la scienza infusa, ma non posso fare a meno di domandarmi se la mia incapacità cronica dipenda dall’irruenza con la quale mia madre mi ha espulso dalla sua fregna. Lunga vita al parto cesareo.
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