Un pomeriggio nuvoloso e ventoso ricopre il mio luogo natio. Le mie casse provvedono ad allietarmi con il suono di “Starr Status”, un album di Kenn Starr. Oggi sono pervaso da una piacevole sensazione e mi chiedo se stanotte un’infermiera mascherata mi abbia fatto una puntura di euforia. Attorno a me tutto segue il ritmo dettato da una lentezza piacevole e distensiva. Un ragno armato di pazienza certosina ha creato una ragnatela abbastanza imponente sulle mie persiane, ma la sua opera viene scossa continuamente del vento e mi fa un po’ ridere. Non mi sento ancora pronto per dare asilo politico agli invertebrati e perciò più tardi darò lo sfratto all’aracnide e demolirò la sua costruzione abusiva. Ho voglia di bere qualcosa e credo che opterò ancora una volta per una spremuta d’arancia: acido ascorbico a gogò. Dopo l’ultimo punto di questo breve scritto mi farò una sega corroborante poiché, come ogni giorno, sento la necessità di svuotarmi le palle. Alle volte vorrei stare un po’ di tempo senza masturbarmi, ma non riesco a non assecondare il bisogno fisiologico di espellere il liquido seminale. A volte mi sembra che io parli del mio onanismo come se fosse un sacrificio e in questi casi non posso fare a meno di ridere. Ogni tanto mi trovo terribilmente buffo. Ho scoperto dei modi anglofoni per indicare il momento della masturbazione e ne ho tradotti alcuni: “far piangere il ciclope”, “vuotare la canna del fucile”, “stringere le mani con il presidente”, “versare latte”, “pulire i condotti” e, dulcis in fundo, “mandare in collera il cobra”.