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Ruralità immaginaria

Una piccola chiesa di campagna abbandonata alle ombre dei voli corvini ospita il ruzzo dei piccoli e la religiosità di uomini errabondi. Il sudore della fatica agreste fertilizza i grandi campi senza fine. Gli animali emettono versi molto diversi da quelli onomatopeici che solitamente vengono insegnati ai bambini. La poesia delle tradizioni secolari si estrinseca da sé. Il movimento degli attrezzi rudimentali evidenzia il dinamismo contadino e la virilità del lavoro soleggiato. Motivetti ripetitivi muovono gli steli e movimenti canini provocano strali infantili. Il retaggio delle abitudini sorregge le case coloniche e una piacevole rassegnazione sfregia con grazia i volti di chi vive la stessa vita da generazioni. I dipinti naif si trovano accanto ai rosari e le scarpe da lavoro accanto ai grembiuli delle mogli. Massaie con i denti un po’ gialli ripongono speranze e panni puliti dentro vecchie ceste di legno. Una ritualità silenziosa aleggia attorno alle tavole imbandite semplicemente nell’ora del pasto serale. I figli vengono educati dalla severità dei padri e dalla comprensione delle nonne. Il contatto continuo con la ciclicità delle stagioni permette a queste famiglie di accettare con più facilità la ciclicità della vita. Ragazze troppo grandi per giocare e troppo giovani per sposarsi compiono lunghe passeggiate in sella a vecchie biciclette rumorose. Nuvole antropomorfe vanno e vengono senza destare troppo interesse. Durante i giorni di pioggia il focolare domestico si riempie di parole e gesti arcaici.

Francesco

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