Ci sono persone che hanno lo stesso cervello e altre che hanno lo stesso taglio. Un naziskin e un malato di cancro si guardano allo specchio e si compiacciono della loro pettinatura. Alle volte le disgrazie si triplicano. Una mosca morta giace in mezzo al biancore di una tazza di latte che è stata preparata per una bambina Down a cui sanguinano le gengive. Di tanto in tanto la fantasia è costretta a prostituirsi per permettere la fuga dalla realtà a individui poco raccomandabili. Ogni sera un marito perverso picchia a sangue la moglie incinta e poi si chiude in cantina con una bambola gonfiabile piena di graffi. I cristiani dicono che le vie del Signore sono infinite, ma quelle che portano a una morte sul colpo sono molte di più. Un figlio neopatentato si prepara a una notte brava per dispensare lacrime luttuose ai suoi familiari ed entrate di denaro a un’agenzia di pompe funebri. Non c’è nulla di personale nella morte, si tratta solo di business. Talvolta un decesso può portare a un eccesso. Una giovane vedova si masturba con i resti del marito e dopo ogni orgasmo recita un Padre nostro. Non è raro che un grido dipinga il rumore del terrore. Una casalinga ode il boato di una bomba e nello stesso momento il timpano di un passante esplode in mille pezzi. Quando le fiamme avvolgono e sconvolgono le loro prede uno spicchio di cielo si illumina di morte. Anche questa notte ho schiavizzato le mie parole per preparare un circo di atrocità moderate e non ho altro da rigurgitare.
La stazione è un luogo cosmopolita in cui si incrociano storie e razze diverse. Questo luogo di transizione inghiotte povertà e opulenza, bassezza e nobiltà d’animo. Alle volte la curiosità e la disperazione costringono qualcuno a scoprire il contenuto del bagaglio di qualcun altro. File di infedeli attendono il corpo di Cristo in una tazzina: c’è chi lo preferisce macchiato e chi ristretto. Gente distratta masturba i distributori automatici affinché essi vomitino uno snack colorato. Donne nordafricane combattono la calura con ventagli appariscenti e mitomani mediorientali comprano schede telefoniche per lanciare falsi allarmi. La stazione è una passerella dove le divise sfilano assieme agli abiti casual e dove le manette sono il pezzo forte della bigiotteria. Suore e missionari portano croci al collo, mentre laici infelici portano croci sulle spalle e cappi alla gola nei pressi di un binario morto. Tra un arrivo e una partenza si avvicendano abusi, sorrisi, sevizie, contrattazioni, silenzi, sguardi diffidenti ed espressioni ingenue. Sopra i biglietti non è riportata la destinazione, ma solo l’ennesima fermata. Un vagone triste ricoperto da un bel wholecar attende il suo destino. Il grande orologio della stazione scandisce il tempo che viaggiatori sconosciuti perdono con lunghe attese. Gente che va, gente che viene e talvolta gente che decide di restare sotto una locomotiva. La ferrovia dei deragliamenti, dei ritardi e dei suicidi. Ci sono molti treni che viaggiano per i motivi più disparati, ma lo sanno anche a Madrid che un nuovo Italicus sta già macinando chilometri sulle rotaie.
Ieri pomeriggio è venuto a casa mia un tipo bizzarro che conosco da un po’ di tempo e dopo alcune chiacchiere demenziali gli ho proposto di andare a Grosseto per girovagare fino all’alba come ne “I Guerrieri della Notte”. Orbetello non è certo Coney Island e dubito che a Grosseto si trovi una sola gang, ma per fortuna la fantasia permette di dare un tocco hollywoodiano alle mie proposte insensate. Siamo usciti di casa attorno alle venti e un quarto, abbiamo atteso l’autobus per la stazione e infine siamo saliti sul treno diretto verso la nostra destinazione. Siamo arrivati a Grosseto prima delle dieci di sera e ci siamo avviati subito verso il centro. Abbiamo camminato lungo il corso cittadino fino a quando un ristorante cinese ha calamitato la nostra fame. Adoro la cucina dei musi gialli e mi piace sentire discorsi concitati in una lingua che non conosco. Dopo l’abbuffata orientale ci siamo incamminati verso la parte est di Grosseto e siamo arrivati fino a Via Bianciardi, una strada che per me rappresenta un amarcord invernale di cui ho constatato il decesso, dopo di che abbiamo raggiunto un campo e io mi sono accomodato sotto un ulivo per defecare la cena cinese. Dopo la mia cacata e l’incontro con un rospo, abbiamo fatto marcia indietro e ci siamo fermati a lungo in un giardino pubblico. Verso le tre di notte abbiamo attraversato un parco buio e ci siamo imbattuti in uno scoppiato che lanciava berci potentissimi contro Diamond, ovvero il suo cane. Ho riso come un disperato per la follia notturna di quel ragazzo e ho accompagnato il mio ghigno a una lunga serie di bestemmie gioiose. Successivamente abbiamo fatto una seconda capatina nel corso di Grosseto ormai deserto e poi ci siamo diretti verso i binari ferroviari. Alla stazione abbiamo incontrato un senza tetto molto simpatico: spingeva un carrello della Conad, parlava da solo e ingiuriava con intensa passione delle persone immaginarie. Alle sei di mattina abbiamo preso il treno per Orbetello e così abbiamo portato a termine la lunga notte grossetana. Durante questa inutile odissea ho controllato le cabine della Telecom di mezza Grosseto per acchiappare le schede telefoniche abbandonate dalla gente e la foto che si trova in fondo a questo post mostra il mio bottino. Tra poco andrò a letto. Credo che anche in questa vicenda ci sia lo zampino del colonnello Claus von Auschwitz.
Alla fine Morfeo è riuscito a sequestrarmi. Ho voglia di correre per sfogarmi, ma il mio ginocchio non è ancora pronto. La fatica è una delle poche strade che posso percorrere per raggiungere la sublimazione. Ho bisogno di portare il mio corpo al limite e di sentirmi esplodere. Ho così tanto dentro che se fossi un demiurgo potrei creare un mio gemello con il surplus delle mie energie fisiche ed emozionali. Vivo la mia età in modo inconsueto e cerco di tenere lontano lo spettro del pentimento futuro. La mia vita è malleabile, ma devo essere abile a crearmi un’occasione che mi permetta di dare una nuova forma alla mia esistenza. Credo che sia un errore vivere sempre allo stesso modo e penso che solo mutamenti continui possano dare nuova linfa al tempo di un individuo. I cambiamenti portano incertezza, ma i dubbi che si legano inevitabilmente all’approccio con nuove dinamiche non devono incutere paura. In me giace un pregevole desiderio di cambiamento. Devo modificare alcuni dei miei atteggiamenti perché ormai non mi appartengono più. Per me è giunto il periodo della muta. Ho bisogno di rinnovarmi per evitare che la mietitrice mi stringa la mano prima del mio ultimo respiro. Il mio pensiero può essere sintetizzato con una sorta di sincretismo formato dall’aspetto più superficiale dalla tradizione simbolica di alcuni culti politeisti e dalla selezione naturale di sir Darwin.
Non riesco a prendere sonno, ho la barba incolta e non faccio altro che mimare sbadigli. Il sole è già uscito dalla passera della notte e i suoi sussurri irradiano la mia camera. Ho chiuso la finestra della mia stanza per impedire che un odore nauseante uccida involontariamente il mio olfatto. Devo radermi e devo tentare di assopirmi. Non voglio prendere nuovamente dei ritmi assurdi, ma credo che per oggi non abbia altra scelta. Attendo un pacco da Singapore che probabilmente non arriverà e aspetto una chiamata che non riceverò mai. Sono abile nelle attese futili, ma non credo che sia il caso di vantarmene. “Brothers” di Brett Garsed continua ad accompagnarmi in questi minuti di alienazione. Sulla parete che ho di fronte campeggia ancora una scritta che feci qualche anno fa: “Knowledge is power”. Già, la conoscenza è potere e io vorrei avere il potere di addormentarmi in questo istante. Adesso ci sono molte cose di cui non mi preoccupo e di cui continuerò a non preoccuparmi dopo un eventuale risveglio. Sono un po’ intontito e non vedo l’ora che il riposo sciacqui i miei pensieri sporchi. È una giornata stupenda e ho la certezza che una sua sosia farà da sfondo a un evento del mio futuro. Stamane non ho voglia di accogliere la folla di tematiche incerte che popola frequentemente i miei monolghi mentali. Voglio vestire i panni di un narcolettico in preda a un attacco di sonno.
È di nuovo notte e non posso fare a meno di camminare lungo i bassifondi della mia interiorità. Alcuni mesi fa ho incontrato delle persone che non incrocerò mai più. Certe parole di mia proprietà sono ancora sospese a mezz’aria e non c’è nulla che possa interrompere la loro levitazione sopra una strada sporca e indifferente. Mi sono trovato molte volte faccia a faccia con il buio e il silenzio. Alle volte il tempo mi osserva con severità e mi chiede di sbrigarmi a fare qualcosa. Ho passeggiato con me stesso in mezzo alla vastità notturna di Milano, di Roma di Genova e di Parigi per assaporare il gusto della libertà priva di senso. Ho fatto viaggi senza meta, ho atteso i ritardi dei treni davanti ai loro binari muti e ho barattato parole con persone di ogni risma. Ho osservato con attenzione le innumerevoli sfaccettature della società e ho visto posti molto diversi tra loro. La mia esplorazione sociale è stata involontaria e casuale, solitaria e inconcludente. Voglio continuare a infiammare le mie notti con le scintille oniriche. Il mio pantheon non è formato da divinità celesti, ma da attimi di esaltazione ingiustificata. Queste parole hanno afferrato le mie caviglie e mi stanno trascinando fuori di casa. Tra poco andrò a fare due passi nel grembo di Nyx. È una notte paradisiaca e continuerò a bearmi senza motivo, senza sosta e senza nessuno fino alle prime luci del giorno che è già iniziato. La realtà è la droga più potente presente in natura, ma occorre la lucidità per assaporarne gli effetti lisergici. Rido di coloro che assumono a caro prezzo dei narcotici artificiali per sedare gli effetti stupefacenti della realtà. Non bevo, non mi buco, non sniffo, non fumo, non mando giù anfetamine, ma riesco a cavalcare ugualmente sopra la Croce del Sud.
Ho sempre adorato i grandi chitarristi e Brett Garsed è uno di questi. L’anno scorso ho ascoltato per molto tempo “Uncle Moe’s Space Ranch”, un album del suddetto guitar hero. Il pezzo del video si chiama “Brothers” e si trova in un altro album chiamato “Big Sky”. Più ascolto dischi strumentali e più riesco ad apprezzare l’assenza di parole. Questo pezzo riesce ancora a darmi qualche brivido. L’assolo di basso è un vero orgasmo per il mio udito. Credo che trascorrerò i prossimi mesi con queste sonorità.
Sono distante dalle parole e dagli atteggiamenti che mi circondano. Vivo come un asceta perché non ho ancora trovato un bagliore di ragione in mezzo al delirio collettivo. A volte sento la mancanza di qualcosa che non ho mai provato. Non posso ottenere da solo quello che desidero, perché credo che certi avvenimenti debbano vedere la luce spontaneamente. Spesso sono annoiato dalle parole degli altri e non conosco nessuno con cui comunicare. La mia esistenza può sembrare un macigno enorme e il preludio a un grande stato depressivo, ma per me non è così difficile vivere al di fuori dei tanti microcosmi che popolano la società nella quale vivo. Alle volte sono stanco e un po’ affranto, ma sono momenti che il riposo cancella e la riflessione riscrive. Non ho difficoltà nelle relazioni sociali, ma non ho mai instaurato legami solidi. Non faccio parte di un gruppo di persone, non ho la cosiddetta compagnia e non ne ho mai voluta una. Non ci sono persone a cui sono legato e riesco a malapena a provare un po’ di affetto per mia madre. Il quadro della mia vita può sembrare triste e opaco, ma per me non è così. Riesco a vivere serenamente nonostante la mancanza di una interazione profonda con una ragazza. Sono consapevole dell’esistenza di uno stato di serenità maggiore di quello che mi ha accompagnato negli ultimi anni e la mia interiorità mi ha spiegato che per raggiungere tale stato di grazia ho bisogno di una compagna. Per “compagna” non intendo una ninfomane senza nome, ma un corpo femminile che sia sulla mia stessa lunghezza d’onda. Queste parole possono sembrare un po’ banali e smaccate, ma credo che non saranno mai abbastanza dolci per lenire il gusto acre di certe situazioni. Alle volte osservo le vite altrui e mi sento molto fortunato per non essere nei panni di qualche malcapitato. Cazzo, per me vivere non è difficile, è solo un po’ ripetitivo. Ho i mezzi per raggiungere i piani alti della serenità, ma devo stare attento a non fottermi con l’inerzia o con movimenti sbagliati. Non sono sotto pressione, non mi sento in pericolo e non provo ansia per il futuro nonostante al momento io non abbia in serbo progetti per il tempo a venire.
Il Papa qualche giorno fa ha detto: “Difendiamo la Terra dal degrado”. Questa volta sono d’accordo con il pontefice e credo che sia ora di stabilire una data per l’ingresso del primo bulldozer in piazza San Pietro e una data per la chiusura di Radio Vaticana in modo che il vasto elettrosmog prodotto dalle antenne dell’emittente smetta di inquinare l’etere. I primi soldati italiani sono sbarcati in Libano, ma non ho ancora capito quale sia il loro ruolo sul tirassegno di Israele. A febbraio l’Italia assumerà il comando delle operazioni e alcuni credono che questo compito favorisca la politica estera del mio paese, ma io penso che questa missione di peacekeeping porti solo delle uscite nelle casse italiane e abbia un peso sullo scenario internazionale pari alla mia nomina di capoclasse ai tempi delle medie. Tuttavia non credo che duemila soldati in vacanza missione in Libano possano fare la differenza in una guerra nucleare. Qualsiasi riferimento all’Iran e alla fallimentare diplomazia dell’occidente non è casuale. Ahmadinejad ha annunciato che il suo paese sospenderà l’esportazione di petrolio qualora l’ONU opti per le sanzioni internazionali al fine di punire il programma nucleare iraniano. Mi chiedo se l’Iran abbia davvero intenzione di utilizzare l’arricchimento dell’uranio per scopi bellici o se l’intenzione di un uso pacifico dell’energia nucleare sia veritiera. A proposito: a distanza di anni non ho ancora capito se gli Stati Uniti hanno ritrovato le proprie armi in Iraq.
Settembre. Per alcune persone la pronuncia di questo mese rappresenta il battesimo di una nuova routine e la chiusura del relax estivo. L’autunno non ha progetti per me e io non ne ho per lui. Continuo a chiedermi cosa abbia in serbo per me il futuro, ma in realtà non sono un fatalista e non credo al destino. Qualche giorno fa una donna un po’ attempata ha fatto un’osservazione simpatica sul mio stato di nullafacente: “Voglio vedere cosa farai quando avrai una moglie e sette figli”. Non riesco a immaginare una moglie nel mio futuro e tantomeno una cucciolata di esseri umani. Mi piacerebbe cadere per la prima volta in un vortice sentimentale e non escludo che questo possa accadere. Non mi infastidice la mia grande ignoranza in campo affettivo e vivo questa mia lacuna senza problemi. Non attribuisco un grande peso alle parole, ma le adoro perché mi permettono di esplicarmi con me stesso. Scrivere mi allieta, anche se devo stare molto attento a non lasciare che le mie dita costruiscano locuzioni sofistiche per giustificare i miei errori. Adoro la consapevolezza e mi rendo conto della sua importanza quando non capisco un cazzo. Prevedo un autunno masturbatorio per me e il mio piccolo membro. Non è vero, continuerò a farmi la solita sega ogni tot giorni per evitare che le mie palle portino troppo peso sopra le loro spalle. Mancano venti minuti alle nove e mi ritrovo con due opzioni: cucinare qualcosa o digiunare. Sono combattuto perché in entrambi i casi il mio organismo ne risentirà per qualche ora.