In tenera età mi è stata propinata una grande quantità di musica italiana, ma non sono mai riuscito ad apprezzarne molta, specialmente quella dei cosiddetti cantautori. Ricordo che da piccolo prendevo le cassette del mio presunto padre e mi chiudevo nell’auto di mia madre per ascoltarle in pace. La musica di Franco Battiato mi ipnotizzava. All’epoca, ovvero all’inizio degli anni novanta, ascoltavo spesso “Atlantide” e “Caffè De La Paix” nella vecchia Alfa Romeo di mamma. Non mi piace tutta la discografia di Battiato, infatti non sono in grado di apprezzare i suoi primi lavori che risalgono agli anni settanta, come “Fetus”, tanto per citarne uno. “Lode all’Inviolato”, “Mesopotamia”, “Sentimiento Nuevo”, “Sui Giardini della Preesistenza”, e “Il Mantello e La Spiga” sono i pezzi che preferisco, ma ho anche un bel ricordo di tracce più famose come “La Cura”, “Bandiera Bianca” e “Centro di Gravità Permanente”. Pezzi come “Alexander Platz” e “Un’altra Vita” mi hanno accompagnato durante notti insonni che hanno preceduto molte delle mie assenze ingiustificate da scuola. Mi rivedo in un passo de “Il Ballo del Potere”: “Gli aborigeni d’Australia si stendono sulla terra, con un rito di fertilità vi lasciano il loro sperma”.
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