Cinque anni fa le torri gemelle sono crollate sotto gli occhi dei cinque continenti e credo che da quel momento il mondo abbia incominciato a scrivere una nuova pagina della sua storia. Questo evento si è trasformato in un terreno fertile per la dietrologia e ha continuato a fomentare la fantasia di molte persone. Gli attentati dell’undici settembre per me hanno rappresentato il più grande spettacolo mediatico mai visto e sono rimasto estasiato dagli effetti pirotecnici di quella mattina yankee. Le mie parole sono digustose, ciniche e probabilmente mancano di rispetto alle vittime di quel giorno di fuoco, ma esse si limitano a descrivere le mie sensazioni e non penso che questa sia una colpa. Tento sempre di evitare il rifugio delle frasi di circostanza, ma talvolta questa mia tendenza mi mette in cattiva luce e lascia credere ad alcuni che le mie parole provengano da una ricerca continua di un atteggiamento anticonformista. Non sono il tipo politicizzato che va in piazza a gridare “dieci, cento, mille Nasiriyah” e nemmeno l’ennesima faccia anonima che esprime cordoglio per un’ecatombe provocata dalle decisioni scellerate di qualche capobanda in doppiopetto; faccio lo spettatore perché sono troppo pigro per ostentare e sostenere ideali. Penso che la violenza e l’ipocrisia siano due componenti importanti dell’alchimia di questa epoca e credo che la loro condanna non sia altro che una necessità formale per evitare che l’istinto dei guerrafondai abbia l’avallo dell’opinione pubblica. Per me questa è ancora un’epoca di transizione e trovo che qualsiasi filippica contro le azioni dell’uomo non sia altro che un modo per ammazzare il tempo e imboccare il proprio Ego.
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