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Un’endovena di realtà

È di nuovo notte e non posso fare a meno di camminare lungo i bassifondi della mia interiorità. Alcuni mesi fa ho incontrato delle persone che non incrocerò mai più. Certe parole di mia proprietà sono ancora sospese a mezz’aria e non c’è nulla che possa interrompere la loro levitazione sopra una strada sporca e indifferente. Mi sono trovato molte volte faccia a faccia con il buio e il silenzio. Alle volte il tempo mi osserva con severità e mi chiede di sbrigarmi a fare qualcosa. Ho passeggiato con me stesso in mezzo alla vastità notturna di Milano, di Roma di Genova e di Parigi per assaporare il gusto della libertà priva di senso. Ho fatto viaggi senza meta, ho atteso i ritardi dei treni davanti ai loro binari muti e ho barattato parole con persone di ogni risma. Ho osservato con attenzione le innumerevoli sfaccettature della società e ho visto posti molto diversi tra loro. La mia esplorazione sociale è stata involontaria e casuale, solitaria e inconcludente. Voglio continuare a infiammare le mie notti con le scintille oniriche. Il mio pantheon non è formato da divinità celesti, ma da attimi di esaltazione ingiustificata. Queste parole hanno afferrato le mie caviglie e mi stanno trascinando fuori di casa. Tra poco andrò a fare due passi nel grembo di Nyx. È una notte paradisiaca e continuerò a bearmi senza motivo, senza sosta e senza nessuno fino alle prime luci del giorno che è già iniziato. La realtà è la droga più potente presente in natura, ma occorre la lucidità per assaporarne gli effetti lisergici. Rido di coloro che assumono a caro prezzo dei narcotici artificiali per sedare gli effetti stupefacenti della realtà. Non bevo, non mi buco, non sniffo, non fumo, non mando giù anfetamine, ma riesco a cavalcare ugualmente sopra la Croce del Sud.

Francesco

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