Ci sono ventidue specchi e ognuno di essi riflette un anno della mia vita. Qualche volta durante la notte mi alzo per cercare qualcosa da mangiare e quando ho voglia di un po’ di avventura evito di accendere le luci della cucina. Sono bravo a camminare nel buio e la custode della notte lo sa. Certe volte sto da solo e altre volte sto per i fatti miei, non c’è molta differenza tra le due condizioni così come la vita non presenta molte diversità dalla morte per chi smette di respirare prima di aprire gli occhi. Faccio incetta di parole e le apparecchio su un tavolo di vetro con la stessa armonia caotica dell’attività psichica che sovrasta le pareti rocciose del mio cerebro. Non ho nulla da scrivere e tento di scriverlo nel modo più semplice. Le rotte che permettono di collidere con due guance complementari non sono in vendita e chi le mercanteggia non è altro che un manigoldo della peggiore risma. Persone comuni si fingono maestri di vita, persone apparentemnente sopra la media sfoggiano falsa modestia e io spesso mi trovo a lanciare sassi contro questa polarità del cazzo per evitare che mi corrompa. Il mio cranio è un grande bazar, ma al suo interno non si trova nemmeno un progetto o un’aspirazione. In questo periodo non anelo a nulla e questa mancanza di brama non è altro che un retaggio costante. Deep night nella stanza degli specchi. Mi vedo un po’ invecchiato e allo stesso tempo nel pieno della fioritura. Mi permetto di pisciare su questa antitesi.
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