Alcune volte distorco il significato di certi avvenimenti e in questi casi mi trovo costretto a schivare i dardi avvelenati della interiorizzazione deviata di turno. Davanti a me vedo ancora delle barriere inibitorie da buttare giù con calci e urli. Voglio recidere la gigulare a uno sparuto gruppo di ostacoli tentacolari che tentano di attentare alla serenità assidua della mia esistenza alienante. Qualche mese fa pensavo che J. sarebbe entrata nella mia vita con la stessa grazia della bomba atomica su Hiroshima, ma alla fine è rimasta fuori dalla mia esistenza. Ogni tanto qualche comparsa appare brevemente sul mio palcoscenico. Per alcune persone gli anni cosidetti “d’oro” pesano come gli anni di piombo e mi piacerebbe essere in grado di elargire a costoro il mio modus operandi per alleggerire il carico esistenziale. Credo che ognuno debba trovare un modo personale per smaltire la propria zavorra. La mia fortuna mi inquieta e spero che io l’abbia già pagata in eventuali vite posteriori. Devo ancora andare a dormire, ma le mie parole sono lucide e non sono frutto della stanchezza che domina il mio cranio. Credo che il sonno sia una manna per le menti e i corpi agitati dalle scosse telluriche degli avvenimenti plumbei. Non riesco più a scrivere: il mio corpo reclama il suo diritto al riposo. Spero che il mio cuore non si fermi prima del dovuto. Saluto il giorno con il gesto di un veterano e mi avvio senza elmetto verso la mia alcova vuota. Tra dieci ore tornerò nella mia trincea in fiore.
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