Ricorro allo sforzo fisico per aiutare la mia pische quando essa si trova in difficoltà. Credo che il sudore sia un detergente efficace per rimuovere le macchie dell’anima. Mi riferisco all’anima junghiana, ovvero alla parte interiore della personalità, e non all’anima nella sua accezione religiosa. Corro per sputare fuori quello che io chiamo “il pneuma negativo che avvolge la realtà individuale”. La fatica volontaria mi ha sempre pagato con dobloni di benessere e spesso mi ha aiutato a sostenere difficoltà intangibili. Mi sento bene quando le ghiandole sudoripare piangono e le articolazioni si muovono in armonia. Penso che sia importante macinare chilometri per allontanarsi dalle nubi che talvolta imprigionano l’esistenza in una morsa feroce. La volontà non è sempre disposta a fornire le energie necessarie per mettere in funzione gli ingranaggi del corpo e ritengo che in queste occasioni occorra combattere con essa per evitare che le catene dell’inerzia abbiano la meglio. Ho una voglia di vivere che travalica le mie attuali possibilità e per adesso non mi resta che correre. Mi auguro che un giorno le mie energie possano muovere qualcosa in grado di giovare alla mia esistenza. In questo momento “Heavy Mental” di Killah Priest allieta il mio udito: “And religion is like a prison for the seekers of wisdom”. So true. Tra poco uscirò di casa, camminerò per meno di un chilometro e poi inizierò a correre verso la mia meta rurale. Voglio che il mio battito cardiaco esegua antichi ritmi tribali e che il bagno di sudore mi permetta di osservare il replay della cosmogonia. Sono consapevole dell’inutile ampollosità delle mie parole, ma non me ne curo.
Per alcuni economisti la vittoria dell’Italia ai mondiali di calcio porterebbe un incremento dello 0,7% del PIL, ma nonostante questo mi auguro che la finale di Berlino si concluda con il trionfo della Francia o del Portogallo. Le mie gambe sono a pezzi, ma spero che domani mi permettano un po’ di attività fisica per evitare gli effetti deleteri della sedentarietà. Credo che il mese di luglio non abbia in serbo grandi novità per me. I miei giorni continuano a scorrere lenti e uniformi, ma per me questo andamento monocorde non è motivo di afflizione. Sono laureato in gestione della noia e sono vaccinato contro la pantofobia. Cazzo: certe volte penso che dovrei trovare un lavoro per distrarmi, altre volte penso che dovrei iscrivermi a una noiosa facoltà universitaria per illudermi di avere un obiettivo nella vita. Il mio nichilismo, parzialmente involontario, non ha ancora intenzione di allontanarsi da me, o forse sono io che ancora non riesco a imprimere abbastanza forza nelle mani per sradicarlo dalla mia personalità. Le mie parole spesso non sono lineari e non di rado si perdono in divagazioni che simboleggiano la mancanza di un percorso approssimativo nella mia esistenza. Forse dovrei mastubarmi di più e scrivere meno stronzate, ma le dimensioni ridotte del mio pene non me lo permettono. Amo la natura, nonostante mi abbia privato di qualche centimetro orizzontale. Mi piace prendermi in giro e cerco di farlo con regolarità. Che io sia un po’ autolesionista?
Qualche giorno fa un tipo mi ha consigliato di modificare le pagine di questo blog. Il tizio in questione mi ha suggerito di eliminare le parti che riguardano la mia masturbazione, come se essa fosse una vergogna. Non ho problemi a ripetere ciò che ho già scritto decine di volte: mi chiamo Francesco, ho ventidue anni, sono vergine e la mia sessualità si limita alle seghe. È incredibile come il retaggio cattolico distorga la realtà. Sveglia bigotti e rincoglioniti, guardate dentro gli occhi dei vostri connazionali e scrutate nella loro intimità. C’è chi ha violentato la nonna ed è stato lasciato a piede libero, c’è chi ha ucciso un neonato a badilate, c’è chi ha ricoperto di lividi ed ecchimosi una bambina di soli cinque anni e c’è sempre qualcuno che non ha visto né sentito un cazzo a causa dell’omertà imperante. C’è chi è stato costretto a vivere tutta una vita come un cane in pochi metri quadrati, c’è chi ha sepolto una ventenne al nono mese di gravidanza, c’è chi ha abusato del suo potere per spingere le carriere nelle aziende pubbliche in cambio di soldi e sesso, c’è chi si è fatto scudo del proprio figlio per tentare di sopravvivere a un agguato di stampo camorristico, c’è chi ha lanciato sassi dal cavalcavia e c’è chi non ha mai capito un cazzo. Penso che il fatto che io mi faccia le seghe stupisca alcune persone molto di più di ogni evento che ho elencato poc’anzi e trovo che questo sia terrificante. Una buona parte delle persone che ho conosciuto spesso ha mostrato interesse per le stronzate legate al gossip nazionale e agli “scandali” di paese. È incredibile come l’omicidio di Tommaso Onofri abbia ricevuto attenzioni pari o poco superiori a quelle riservate per le gesta di Loredana Lecciso e di Simona Ventura. Il mio non è il classico discorso del cazzo contro i media, bensì è un grande segno di disprezzo platonico nei confronti di chi alimenta l’alienazione mediatica. Non voglio che per ogni fatto di cronaca nera vi sia un’attenzione morbosa come quella riservata per l’omicidio di Cogne, ma mi basterebbe che le notizie messe in risalto da emittenti e testate avessero una diffusione adeguata alla loro importanza. Ho scritto tutto questo per sottolineare la fonte atavica da cui deriva la stupidità e la superficialità di chi vede solo la masturbazione in tutto ciò che scrivo. È vero, mi faccio le seghe, non ho mai scopato una donna e non ho mai dato un bacio, ma oltre a massaggiarmi il cazzo cerco di tenere acceso il cervello per evitare di fare comunella con chi pratica lobotomie a distanza. Non mi sento alternativo, impegnato o brillante, ma semplicemente non mi identifico e non trovo gaudio tra i quintali di coglionaggini che sovente mi bombardano le palle. Mi raccomando, i lor signori continuino a sfogliare Novella 2000 mentre i loro risparmi bruciano e i loro congiunti si crogiolano nei drammi riportati quotidianamente dalla cronaca nazionale e locale. La capacità di guardare oltre le notizie ludiche, che ovviamente meritano un loro spazio, è nell’interesse di ogni singolo individuo che non si è ancora risolto a vivere sugli alberi.
Diogene di Sinope è stato il fondatore del cinismo. Ho iniziato ad appassionarmi alla sua figura per una serie di aneddoti che lo hanno visto protagonista. Durante un banchetto alcuni astanti lanciarono delle ossa contro Diogene, ma il filosofo non se la prese e pisciò sopra di esse allo stesso modo di una bestia. In un’altra occasione si narra che Diogene, invitato in una magione elegante, fu esortato a non sputare sul pavimento in segno di rispetto e, poiché a suo avviso non vi era un luogo peggiore, egli sputò in faccia al padrone di casa. Questi sono solo un paio degli episodi ascritti alla figura di Diogene. Mi piace lo stile iconoclasta ed eccentrico di questo filosofo ricordato dagli ateniesi del suo tempo con queste parole: “Tu solo insegnasti ai mortali la dottrina che la vita basta a se stessa, e additasti la via più facile per vivere”. Diogene lappava l’acqua come i cani, viveva nell’indigenza e sosteneva la propria coerenza filosofica sulle spalle di una vita caratterizzata dalla riduzione dei bisogni.
Il video in questione gira da molto tempo su Internet, ma lo voglio riproporre ugualmente in queste pagine personali. Il video, intitolato “Dirty Kuffar”, ovvero “sporchi infedeli”, è stato diffuso con lo scopo di fare proseliti per la jihad sostenuta da Al Qaeda. Penso che il fanatismo islamico abbia una grande dose di spettacolarità, ma con questo non avallo né condanno le azioni di coloro che si professano martiri dell’Islam. Non ho una posizione, come ho già scritto qualche riga più sotto sono solo uno spettatore apolide e spesso mi limito a riportare ciò che il mondo propone ai miei sensi.
Il mio ventre poggia sul fondo di una piscina mentre dall’altra parte del mondo uno stormo di razzi Katyusha sorvola campi di grano abbandonati per colpire bersagli civili. Sono ancora sott’acqua, con gli occhi chiusi come quelli dei trafficanti di armi e dei loro clienti, lascio che dal mio naso e dalla mia bocca escano bolle d’aria dirette verso la superficie, così come i venti di morte lasciano che gli sguardi immobili di corpi inanimati oltrepassino le nubi tossiche. Intorno a me quiete e raggi solari attenuati dall’acqua cristallina, sul fronte opposto invece vi è spazio solo per palazzi del potere distrutti da un potere più forte, case diroccate, vite spezzate come ramoscelli d’olivo e la macabra improvvisazione di cimiteri stradali. Se fossi un occidentale cinico dovrei affermare che la guerra è insita nell’uomo, e che lo stato di benessere di una piccola fetta della popolazione mondiale è dovuto unicamente alla selezione naturale, se invece fossi un occidentale ingenuo dovrei circondare il mio capo con una bandiera della pace e professare ipocritamente tolleranza dalla comodità del mio divano, ma io non sono un occidentale, sono solo uno spettatore apolide delle meccaniche belligeranti, economiche e fanatiche di uomini ambiziosi e idealisti. Per me la guerra è un coacervo di banalità utilizzato per rimpinzare le pagine dei quotidiani e le bocche di telegiornaliste avvenenti, mentre per altre persone, molto distanti da me per prospettive e chilometri, essa rappresenta una routine straziante. Credo che la cosa più atroce sia banalizzare l’atrocità e mi sembra che l’informazione e certi movimenti pacifisti contribuiscano a tale banalizzazione. Non scrivo queste righe per mostrarmi come un ragazzo sensibile, poiché, come per molte altre persone, il mio “dolore” per le popolazioni martoriate dai conflitti dura appena trenta secondi: il tempo di uno spot di Emergency, della FAO, o dell’UNICEF. Abusi, crani spaccati in due, menomazioni e caricatori svuotati sulla schiena di corpi inerti e inermi non possono competere per importanza con la cellulite di Elisabetta Canalis.
Un campetto di cemento, un pallone un po’ sgonfio e della gente semplice con cui giocare: credo che questa sia la formula del mio divertimento. Potrei spendere tutta la vita a rincorrere una palla nell’angolo più remoto del mondo. Il calcio per me ha sempre rappresentato una serie di geometrie ed equilibri in grado di appagarmi. Mi piace palleggiare, mi piace tirare, mi piace passare e mi sento ancora uno studente delle medie quando mi coordino correttamente per eseguire uno stop o un passaggio. Da piccolo ho giocato poco con gli altri, infatti ho trascorso molti dei miei pomeriggi a scavalcare sedie e piante con pallonetti e a eseguire cross millimetrici per le pareti. Penso che lo spirito di aggregazione dello sport, e nella fattispecie del calcio, sia qualcosa di meraviglioso. Mi piacciono le bestemmie che accompagnano le azioni andate male, i gesti concitati che chiedono un passaggio filtrante e le vecchie che imprecano contro il rumore dell’anonima partitella di provincia su un campetto adibito solitamente ad altri scopi. Ho giocato con persone mai viste in sere poco illuminate e in mezzo a spazi simili a giungle vietnamite, ma sono riuscito a divertirmi come poche altre volte nella vita. Forse è il mio stato solipsistico che enfatizza eccessivamente il mio gradimento per questo sport nazionalpopolare, ma dubito che potrei sentirmi appagato allo stesso modo giocando a cricket o a bocce. Ho voglia di correre, di sudare e di tirare. Forse mi basta troppo poco per essere contento.
Oggi sto molto bene. Il mio corpo sta rispondendo discretamente agli sforzi fisici di questi giorni e la spossatezza sembra che non riesca più ad attecchire nelle mie interiora. Credevo che gli occhi verdi di J. fossero evaporati dalla mia esistenza, ma mi sbagliavo. Alle volte eventi totalmente differenti tra loro si legano accidentalmente per dare vita a piccoli miracoli. Il tempo è il testimone oculare degli intrecci fabbricati dalla casualità, ma non c’è nessuno in grado di raccogliere la sua deposizione. Sono un testimone meno prestigioso del tempo, ma posso ripetere tutto ciò che ho visto in questi ultimi pomeriggi di giugno: ho assistito alla coordinazione dei miei muscoli, ho intravisto il fondale di una psicina a occhi aperti, ho presenziato agli zampilli d’acqua nella mia gola e mi sono seduto in prima fila per scrutare le mie nuove elucubrazioni. Pare che anche il mio scroto sorrida spesso in questo periodo, nonostante sappia che non c’è nessuna tempesta ormonale in arrivo. Il fervore per i mondiali di calcio si fa sempre più vivo e il quattro luglio mi trasformerò in un hooligan crucco. Voglio che l’Italia perda contro la Germania: annoterò i motivi della mia esterofilia dopo la semifinale di Dortmund, nella quale mi auguro che Michael Ballack castighi la formazione azzurra. Oggi non ho un surplus di parole, ma credo che sia normale.