Una donna cammina da sola alle sei del mattino, ha un passo lento e presta attenzione a tutte le pozzanghere che si frappongono tra lei e il suo reame di tristezza. Un autobus vuoto passa accanto alla dama ignota, dall’altra parte della strada un bar si prepara ad aprire e qualche chilometro più in alto le prime luci aurorali incominciano a paracadutarsi sopra i palazzi. La concubina del dolore vuole raggiungere il suo monolocale per stringere al petto il primo cuscino disposto mungere i suoi occhi. Una bimba cresciuta, una principessa mancata, una collezionatrice di frecce arrugginite scoccate da Cupido in persona sotto l’effetto della polvere d’angelo. Nella sua piccola abitazione ci sono vecchi poster di idoli giovanili ormai mandati in pensione dalla cultura pop. I tempi cambiano, le mode mutano, ma lei è ancora una vecchia adolescente alle prese con la disillusione e la quotidianità. Da piccola giocava con le bambole; qualche settimana fa un giocattolaio con uno stetoscopio al collo le ha promesso un bambolotto tutto suo. La maternità è costosa e lei non può affrontare le spese. Solo la prostituzione potrebbe permetterle di provvedere per il suo improbabile nascituro. Non è la moralità a trattenere questa ragazzona dal marciapiede, ma è il timore d’incontrare suo padre come cliente a impedirle di frequentare i bassifondi dell’anima umana. Il suo ex l’ha ingravidata e poi l’ha invitata ad accomdarsi nella discarica più vicina. Un’attrazione fatale senza morti in mezzo all’indifferenza dei vivi. Be happy sweet child o’ mine. L’anestesia sempre nello stesso punto, come le altre volte. Non farà male, oh no.
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