Il mio ventre poggia sul fondo di una piscina mentre dall’altra parte del mondo uno stormo di razzi Katyusha sorvola campi di grano abbandonati per colpire bersagli civili. Sono ancora sott’acqua, con gli occhi chiusi come quelli dei trafficanti di armi e dei loro clienti, lascio che dal mio naso e dalla mia bocca escano bolle d’aria dirette verso la superficie, così come i venti di morte lasciano che gli sguardi immobili di corpi inanimati oltrepassino le nubi tossiche. Intorno a me quiete e raggi solari attenuati dall’acqua cristallina, sul fronte opposto invece vi è spazio solo per palazzi del potere distrutti da un potere più forte, case diroccate, vite spezzate come ramoscelli d’olivo e la macabra improvvisazione di cimiteri stradali. Se fossi un occidentale cinico dovrei affermare che la guerra è insita nell’uomo, e che lo stato di benessere di una piccola fetta della popolazione mondiale è dovuto unicamente alla selezione naturale, se invece fossi un occidentale ingenuo dovrei circondare il mio capo con una bandiera della pace e professare ipocritamente tolleranza dalla comodità del mio divano, ma io non sono un occidentale, sono solo uno spettatore apolide delle meccaniche belligeranti, economiche e fanatiche di uomini ambiziosi e idealisti. Per me la guerra è un coacervo di banalità utilizzato per rimpinzare le pagine dei quotidiani e le bocche di telegiornaliste avvenenti, mentre per altre persone, molto distanti da me per prospettive e chilometri, essa rappresenta una routine straziante. Credo che la cosa più atroce sia banalizzare l’atrocità e mi sembra che l’informazione e certi movimenti pacifisti contribuiscano a tale banalizzazione. Non scrivo queste righe per mostrarmi come un ragazzo sensibile, poiché, come per molte altre persone, il mio “dolore” per le popolazioni martoriate dai conflitti dura appena trenta secondi: il tempo di uno spot di Emergency, della FAO, o dell’UNICEF. Abusi, crani spaccati in due, menomazioni e caricatori svuotati sulla schiena di corpi inerti e inermi non possono competere per importanza con la cellulite di Elisabetta Canalis.