Penso che più tardi ascolterò un pezzo dei R.E.M. chiamato “Daysleeper”. Ho voglia di addormentarmi: tra poco mi inabisserò nel letto singolo che si trova nella mia stanza e resterò in apnea sonnolenta per alcune ore. Non ho appuntamenti, non ho impegni e non ho programmi. Non mi dispiace passare il pomeriggio a letto, ma preferirei avere una buona idea per impiegare meglio le mie ore pomeridiane. In questo momento i miei occhi si aprono e si chiudono come quando si trovavano tra i banchi di scuola. Trascorro molto tempo a dare tempo al tempo. Mi sento così leggero da sfidare la gravità a colpi di aerofagia. Spesso il mio vuoto prende la parola ed è per questo motivo che a volte non ho un cazzo da dire. Il mio vuoto non è un’entità negativa: esso è il riassunto comportamentale dei miei disinteressi. Sono le tre di pomeriggio, emetto sbadigli accorati e lancio occhiate indifferenti verso il soffitto. Il mio stato di benessere è un paradosso che non riesco a spiegare. Voglio sbirciare nel futuro, ma non credo ai venditori con i turbanti né alle profezie dei miei connazionali. Vorrei essere un apolide, ma solo per narcisismo. Sono un italiano e disto centocinquanta chilometri dalla capitale della mia repubblica, ma alle volte mi sento molto più lontano, come un paracadutista della domenica che atterra nell’Aspromonte. Quest’oggi le mie parole formano frasi brevi e sconnesse: una traduzione scritta eccellente per i componimenti eterei formulati dal mio cerebro indolente.