I giorni trascorrono e io continuo a guidare il mio lento calesse con una spiga in bocca e un cappello di paglia in testa. Passo le giornate a guardare sottecchi la coda del quadrupede che mi traina lungo le strade sterrate di questa contrada senza nome. Non tocco mai le redini e tengo sempre le mani incrociate dietro la nuca. Ogni tanto qualche passante mi dà il buongiorno e la buonasera, ma la mia pigrizia mi vieta di ricambiare. Mi riposo ventiquattro ore al giorno, senza sosta. Ho scordato molte cose: una mappa, una meta da segnare sulla mappa e il colore dei miei occhi. Un giorno mi ribellerò alla pigrizia e chiederò a un passante di descrivere il colore dei miei occhi. Ogni giorno prometto a me stesso di fermarmi alla prima locanda, ma la mia è solo una promessa da marinaio rurale che si ripete ogni dì. Non ho tappe da seguire, ma solo toppe da cucire sopra la mia valigia invisibile. La mia calma detta la velocità del calesse: il mio somaro raglia annoiato davanti a me, il suo sforzo lento e ondulato fa muovere le due ruote in legno che sbriciolano piccoli frammenti di terra rossa. Ci sono solo distese di grano noiose e bellissime che la mia vista potrebbe scorgere se la tesa del mio cappello non la oscurasse. Mi sembra che ogni versta percorsa sia un movimento immobile. Non ricordo l’inizio del viaggio e sono convinto che non ricorderò nemmeno la sua fine. Abbasso il cappello e mi riposo un po’.
Oggi ho corso venti chilometri in poco meno di un'ora e venti minuti: fuori non…
Ultima lettura dell'anno, invero conclusasi settimane or sono con somma soddisfazione. Di norma non accetto…
Non ho novità di rilievo in questo mio incedere verso l'attimo che segue. Un'anziana signora…
Il clima mite di questo dicembre inoltrato mi ricorda il periodo natalizio che ebbi a…
Una morte improvvisa ha colto una persona di mia conoscenza. Taluni lasciano il corpo senza…
Secondo me è assurda la pretesa di chiunque si aspetti sempre onestà intellettuale dagli altri,…