In questi anni ho conosciuto un cospicuo numero di persone che mi hanno deliziato con le loro stronzate. Molte volte le mie osservazioni pacate hanno provocato reazioni furiose che mi hanno fatto ghignare. Non sono un tipo particolarmente loquace, ma se mi trovo a discorrere con una persona non mi preoccupo delle conseguenze delle mie parole. Quando parlo la mia priorità è salvaguardare l’autenticità delle mie sensazioni, anche se questo significa lambire i confini dell’offesa. Ho rotto i ponti con tutte le persone suscettibili e ne sono contento. Nei miei pochi anni di vita ho notato che spesso la gente dà troppo peso alle parole e troppo poco alle azioni, come se i rapporti sociali per lo più fossero situazioni mondane dove occorre seguire un’etichetta: il galateo dei saccenti. Non si può pretendere che gli altri comprendano la propria individualità se una parte di essa viene nascosta per timore di essere isolati. Credo che le persone siano egoiste, ma nel modo sbagliato. Ritengo che l’egoismo sia un bene, ma solo se applicato nei confronti dei giudizi. Una persona può offendermi o elogiarmi, ma io non do peso alle sue parole fino a quando non le conferma con i fatti. Le parole sono fallaci, con esse è possibile costruire infinite antinomie e plagiare le menti più deboli. Per me il verbo deve essere sempre accompagnato dalla concretezza per avere una valenza minima. Verba volant, scripta manent, ma per me senza l’avallo dei fatti possono fottersi sia le parole dette che quelle scritte. Serve un progetto per erigere una costruzione, ma senza materiali e manovalanza non resta altro che un foglio di carta.